Venti anni dopo
la fine dell’apartheid, in Sudafrica il razzismo non è morto. È triste dirlo, ma
esiste anche un razzismo da parte della popolazione di colore nei confronti della
popolazione bianca. È ormai risaputo che le persone di colore (neri, coloured)
vengono avvantaggiati per esempio in ambito lavorativo. Fanno testo le nuove
leggi varate dal governo, che stanno portando al licenziamento di migliaia di
lavoratori bianchi specializzati, anche in settori vitali per l’economia
sudafricana. La motivazione? Garantire in ogni settore della società una
rappresentanza che rispecchi la percentuale della popolazione in base al colore
(la popolazione bianca a livello nazionale ammonterebbe a circa il 9%),
passando sopra alle reali competenze e al merito. Non è forse una politica
razzista regolare in modo rigido l’occupazione in base al colore?
È notizia di questi
giorni che anche Eskom, la compagnia che fornisce elettricità al Sudafrica, una
delle dieci più grandi compagnie di elettricità al mondo, sarà sottoposta a
questi particolari licenziamenti. Oltre mille ingegneri e oltre duemila operai
specializzati bianchi della compagnia dovranno essere licenziati per far posto
a nuove assunzioni di personale di colore. Secondo un reportage giornalistico
che ha affrontato la faccenda, le nuovi leggi sudafricane sarebbero implacabili
sulle cifre. Dei 6530 dipendenti ingegneri di Eskom, 1786 sono bianchi, cioè il
30%: secondo la legge sono troppi, dovrebbero essere appena 705. E dei 21.372
operai specializzati di Eskom, oggi i bianchi sono 4487, cioè solo il 21%, ma
sono già troppi, la metà se ne deve andare.
Polemiche e
preoccupazioni stanno attraversando l’opinione pubblica sudafricana. Molti
temono che il Sudafrica rischi una profonda crisi economica a causa della
mancanza di lungimiranza degli attuali politici, a forza di sottrarre energie
specializzate in punti chiave per l’economia del Paese. Il problema infatti,
ovviamente, è che non basta il colore della pelle per essere all’altezza di
particolari competenze. Anche alcuni favorevoli alla politica di
“redistribuzione” in base alla demografia, ritengono che tutto stia avvenendo
troppo in fretta. E c’è chi paventa che il Sudafrica si stia avviando
pericolosamente verso la situazione del confinante Zimbabwe, il cui presidente Mugabe ha
recentemente ammesso che la crisi da cui lo Zimbabwe non riesce più a
sollevarsi dipende in gran parte dalla politica di esproprio delle aziende
agricole dei bianchi, dal 2000 a oggi, e dall’incapacità manageriale della
classe di colore fedele a Mugabe, che li ha sostituiti. Fa un certo effetto,
sentito dire dallo stesso Mugabe, che da decenni sventola la propaganda
dell’espulsione dei cittadini bianchi dallo Zimbabwe.
Va detto che il
clima di risentimento verso i bianchi non è generalizzato, io credo che la
maggioranza dei Sudafricani (neri, bianchi, coloured, indiani) abbia abbastanza
buonsenso e apertura mentale da considerare assurdo ogni comportamento
discriminatorio, e ho prova di questo tutti i giorni. Però non è nemmeno un
problema da sottovalutare, anzi. Tanti piccoli segnali rivelano che il problema
razzismo è più diffuso di quanto possa apparire. La popolazione sudafricana è
ancora molto divisa in una specie di auto-apartheid volontario, a causa della
forte differenza culturale. I neri si ritrovano in attività e locali
frequentati solo da loro, i bianchi pure, e perfino i coloured (meticci)
frequentano più spesso e volentieri altri coloured che altri neri o bianchi. Ho conferma di questo perfino nella nostra orchestra, dove pure lavora gente più acculturata e sensibile che in altri settori della società. Per non parlare degli indiani e asiatici (a Durban assommano a ben un quarto del totale della popolazione), che evitano per quanto possibile contatti con le altre etnie, conducendo una vita per conto loro. Non è questione di
odio, semplicemente di substrato culturale comune e di mancanza di volontà, spesso, di conoscere e interagire con le altre tradizioni diverse. Però in questo modo l’integrazione
è ancora molto lontana e antichi o nuovi risentimenti covano sotto la cenere,
come si intuisce anche da piccoli e apparentemente insignificanti episodi. Come
l’autista nero dell’autobus che si ferma ad aspettare che salgano persone di
colore, ma mentre tu bianco sei a due metri dalla porta e gli fai cenno, lui ti
vede ma parte lo stesso (successo più volte a più persone).
Eppure tra
qualche anno potremmo ricordare queste leggi addirittura come moderate. Un
nuovo giovane leader sta facendo infatti presa sui giovani neri, si chiama Julius
Sello Malema, e li ha conquistati denunciando la corruzione del governo Zuma.
Il problema è che Malema, oggi 34enne, in questi ultimi anni si è reso
protagonista di dichiarazioni di odio razziale contro i bianchi, che sono state
stigmatizzate dall’ANC (partito nero al governo) e dallo stesso presidente Zuma.
Il fatto che un tale leader goda già di un vasto consenso popolare, non lascia
ottimisti sul futuro dell’integrazione.
Forse il sogno
della Nazione Arcobaleno è morto con Nelson Mandela.
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