mercoledì 16 dicembre 2015

Licio Gelli, emblema dell'Italia passata, presente e futura?


Ci sono personaggi la cui storia non andrebbe mai dimenticata, per il bene dell'intera comunità di un Paese, e non è un'esagerazione. Uno di questi è Licio Gelli, morto ieri a 96 anni e otto mesi d'età nella sua villa nei pressi di Arezzo.
Pur non avendo mai ricoperto cariche politiche, Gelli fu soprannominato "Burattinaio della Nazione", e il suo nome comparve nelle inchieste su alcune delle vicende italiane più drammatiche dell'ultimo mezzo secolo: dal "piano di rinascita democratica" della loggia massonica P2, collegato all'Operazione Gladio, al crac Ambrosiano, alla strage di Bologna. Viene dipinto dai media come una sorta di Blofeld, il personaggio fittizio a capo della SPECTRE nella saga di James Bond, e secondo alcuni biografi avrebbe più responsabilità che chiunque altro nell'aver orchestrato dietro le quinte i destini dell'Italia per quasi mezzo secolo, forse più di Giulio Andreotti, decisamente molto di più di Silvio Berlusconi.

Nato nel 1919 a Pistoia figlio di un facoltoso proprietario terriero, fu fin da giovanissimo un entusiasta fascista e a diciott'anni si arruolò volontario per la guerra civile spagnola in aiuto delle truppe del generale Franco. In quella guerra perse il fratello.
Tesserino che attesta il ruolo di Licio Gelli
come ispettore del PNF, a soli 22 anni
Tornato a Pistoia, pur avendo solo la licenza elementare diventò impiegato del Gruppo universitario fascista. Nel 1940 pubblicò un libro sulla sua esperienza di Spagna, e il suo zelo gli fece fare strada fino a diventare ispettore del Partito Nazionale Fascista. A soli 23 anni, in quel ruolo gli fu affidato
l'incarico (in piena seconda guerra mondiale) di trasportare in Italia il tesoro requisito a re Pietro II di Iugoslavia: 60 tonnellate di lingotti d'oro, 6 milioni di dollari, 2 milioni di sterline, 2 tonnellate di monete antiche. Quando cinque anni dopo il tesoro venne restituito alla Iugoslavia, mancavano 20 tonnellate di lingotti d'oro. Si ipotizza che Gelli li avesse nascosti e che le sue fortune future provenissero da quel ricchissimo bottino. Un rapporto della Guardia di Finanza del 1974 parlerà di "una solida situazione patrimoniale di cui non si conoscono le origini".
Ma forse Gelli non aveva nemmeno bisogno del denaro per fare strada, aveva un'abilità innata. Dopo l'8 settembre 1943 divenne un ufficiale della Repubblica nazifascista di Salò. Poi, quando la guerra era ormai perduta, cominciò a fare il doppio, anzi triplo gioco: pur essendo ancora un repubblichino di Salò, aiutò i partigiani fornendo loro informazioni sulle imboscate naziste e dando una mano nella liberazione di prigionieri politci, e quando gli Americani si apprestarono a sbarcare in Sicilia li aiutò fornendo loro informazioni dall'interno del sistema fascista che stava crollando.

Grazie a queste sue attività su diversi fronti, per diversi anni dopo la fine della guerra rimase in contatto con le agenzie di intelligence americane e britanniche, e allo stesso tempo anche con i servizi segreti di uno Stato del blocco comunista, almeno fino agli anni '50 inoltrati. Dal 1948 al 1958 fu anche autista e portaborse di un deputato democristiano.
Gelli (al centro) con Andreotti (a destra)
all'inaugurazione dello stabilimento
Permaflex di Frosinone
Nel 1956 diventò direttore commerciale della Permaflex di Frosinone. Essendo in area territoriale della Cassa per il Mezzogiorno, durante la sua direzione lo stabilimento vide un via vai di politici, ministri, vescovi e generali. Conobbe personalmente Giulio Andreotti, che essendo stato il "delfino" di Alcide De Gasperi aveva già allora scalato i vertici della politica e che in quegli anni ricoprì in successione gli incarichi di ministro dell'Interno, di ministro delle Finanze, di ministro della Difesa. Fu una conoscenza che a Gelli sarebbe tornata utile.

Nel 1963 Gelli si iscrisse alla massoneria, in una loggia di Roma, ed è lì che puntò, per scalare il potere. Da sempre estimatore e amico (così si definiva lui) del generale e presidente argentino Juan Domingo Peron, nel 1974 fu addetto commerciale dell'ambasciata argentina presso il governo italiano. Si ispirò al regime autoritario peronista quando, divenuto nel 1975 capo (Maestro Venerabile nella terminologia dei massoni) della loggia massonica P2 (Propaganda 2), elaborò privatamente e segretamente insieme al politico democristiano Francesco Cosentino e altri, un "piano di rinascita democratica". Nella sua visione, era necessario un piano di modifiche costituzionali che portassero a uno Stato più saldo, con accordi bicamerali tra partiti, controllo della stampa, riforma della magistatura, tra i punti principali. Questo obiettivo era condiviso anche dall'intelligence americana, attraverso l'Operazione Gladio, una struttura clandestina promossa dalla NATO e finanziata in parte dalla CIA allo scopo di contrastare l'influenza comunista in Europa. Pare che Gelli fosse in contatto e operasse anche per conto dell'Operazione Gladio.

Fatto sta che Gelli, proponendo la P2 come un circolo di affari politici a imprenditori, ufficiali, politici stessi, fece entrare come firmatari di questo piano nomi eccellenti e meno eccellenti (tra loro anche quello di Berlusconi). Come dichiarò molti anni dopo lo stesso Gelli: "Con la P2 avevamo l'Italia in mano. Con noi c'era l'Esercito, la Guardia di Finanza, la Polizia, tutte nettamente comandate da appartenenti alla Loggia". Attorno alla P2 cominciarono a girare affari sempre più grossi, affari sporchi, in cui entrò a piene mani anche la mafia. Uno di questi fu il giro che portò al crac del Banco Ambrosiano. Il finanziere Michele Sindona e il banchiere Roberto Calvi erano entrambi affiliati alla P2. Entrambi, e pure Gelli, avevano investito denaro sporco nello IOR (la banca del Vaticano) e nel Banco Ambrosiano per conto del boss mafioso Calò. La tragedia dell'omicidio di Calvi e altre trame nascoste dalla mafia e dalla politica furono il frutto di questi affari sporchi.
Nei turbolenti anni '60 e '70, l'Operazione Gladio per quanto riguardava l'Italia venne portata avanti clandestinamente anche con propositi eversivi di capovolgere con la violenza gli assetti costituzionali, per instaurare uno Stato più autoritario (vedi il caso del fallito Golpe Borghese). Il 2 agosto 1980 avvenne la strage alla stazione di Bologna che uccise 85 persone. Gli esecutori materiali furono dei militanti neofascisti. I mandanti non furono mai scoperti ma furono rilevati collegamenti con i servizi segreti deviati e la criminalità organizzata. Gelli insieme ad altri venne condannato a 10 anni di carcere per aver depistato le indagini.

Nel 1981, nell'ambito dell'inchiesta condotta sulle vicende di Michele Sindona, i magistrati Colombo e Turone scoprirono durante una perquisizione i documenti della loggia P2. La lista P2 fu divulgata dai media e divenne uno scandalo: includeva l'intero gruppo dirigente dei servizi segreti italiani, due ministri e molti parlamentari, industriali, e anche Vittorio Emanuele di Savoia, unico figlio maschio dell'ultimo re d'Italia. L'Ordine della massoneria italiana decretò l'espulsione di Gelli, e la magistratura ne ordinò l'arresto. Gelli fuggì in Svizzera, dove fu arrestato mentre tentava di ritirare decine di migliaia di dollari a Ginevra. Ma dopo poco riuscì a evadere e fuggì in Sudamerica. Ma nel 1987 tornò in Europa, si costituì e venne messo agli arresti domiciliari.

Nonostante la sua situazione agli arresti domiciliari, Gelli pubblicò un sacco di libri e negli ultimi suoi anni di vita, durante l'epoca dell'ultimo Governo Berlusconi (unico leader politico che egli ha stimato nei suoi ultimi anni), l'ormai anziano Gelli ha rilasciato molte interviste televisive e addirittura ha condotto un suo programma TV sulla rete Odeon, nel 2008, programma in cui Gelli rivisitava dal suo punto di vista la storia italiana dall'epoca del fascismo agli anni '80 (anni in cui egli uscì di scena dal potere). Insomma, una "riabilitazione" di un tale personaggio, che la dice lunga sulla capacità degli Italiani di dimenticare e di "perdonare" anche i peggiori misfatti.

Nel 2013 la sua residenza, Villa Wanda, venne messa sotto sequestro preventivo a causa di un'inchiesta sull'evasione per 17 milioni di euro di tasse per cui erano indagati Gelli e la sua famiglia. Ma nel gennaio di quest'anno il processo si è chiuso con la prescrizione e la villa è stata dissequestrata. Gelli aveva comunque continuato a viverci anche nel frattempo, sempre agli arresti domiciliari. Ed è lì che ieri è morto.

Non ho elencato tutti gli affari e gli scandali che girarono attorno alla P2, anche perché sono intrecci complicati e avvolti in buona parte da omertà e misteri che, con la morte di tutti i protagonisti, non verranno più risolti.
Ma, bisogna dire, diversi punti che costituivano il "piano di rinascita democratica" sono stati veramente realizzati dalla classe politica attuale, negli ultimi vent'anni, e altri punti stanno venendo discussi o approvati. Che significa questo? Che nonostante lo scandalo pubblico di allora, una parte della classe politica (quella che ha detenuto il potere per gran parte degli ultimi vent'anni) ha fatto proprio il piano previsto dalla P2. Lo stesso Gelli, in un'intervista dell'anno scorso, vedeva nelle attuali riforme politiche in atto alcune somiglianze con quelle proposte da lui ai suoi tempi.
Che dire? Sta agli Italiani informarsi sulla storia passata e non dimenticarla. Quelli che detengono le chiavi del potere non lo faranno per loro, di certo.