giovedì 12 marzo 2015

Razzismo

Venti anni dopo la fine dell’apartheid, in Sudafrica il razzismo non è morto. È triste dirlo, ma esiste anche un razzismo da parte della popolazione di colore nei confronti della popolazione bianca. È ormai risaputo che le persone di colore (neri, coloured) vengono avvantaggiati per esempio in ambito lavorativo. Fanno testo le nuove leggi varate dal governo, che stanno portando al licenziamento di migliaia di lavoratori bianchi specializzati, anche in settori vitali per l’economia sudafricana. La motivazione? Garantire in ogni settore della società una rappresentanza che rispecchi la percentuale della popolazione in base al colore (la popolazione bianca a livello nazionale ammonterebbe a circa il 9%), passando sopra alle reali competenze e al merito. Non è forse una politica razzista regolare in modo rigido l’occupazione in base al colore?

È notizia di questi giorni che anche Eskom, la compagnia che fornisce elettricità al Sudafrica, una delle dieci più grandi compagnie di elettricità al mondo, sarà sottoposta a questi particolari licenziamenti. Oltre mille ingegneri e oltre duemila operai specializzati bianchi della compagnia dovranno essere licenziati per far posto a nuove assunzioni di personale di colore. Secondo un reportage giornalistico che ha affrontato la faccenda, le nuovi leggi sudafricane sarebbero implacabili sulle cifre. Dei 6530 dipendenti ingegneri di Eskom, 1786 sono bianchi, cioè il 30%: secondo la legge sono troppi, dovrebbero essere appena 705. E dei 21.372 operai specializzati di Eskom, oggi i bianchi sono 4487, cioè solo il 21%, ma sono già troppi, la metà se ne deve andare.

Polemiche e preoccupazioni stanno attraversando l’opinione pubblica sudafricana. Molti temono che il Sudafrica rischi una profonda crisi economica a causa della mancanza di lungimiranza degli attuali politici, a forza di sottrarre energie specializzate in punti chiave per l’economia del Paese. Il problema infatti, ovviamente, è che non basta il colore della pelle per essere all’altezza di particolari competenze. Anche alcuni favorevoli alla politica di “redistribuzione” in base alla demografia, ritengono che tutto stia avvenendo troppo in fretta. E c’è chi paventa che il Sudafrica si stia avviando pericolosamente verso la situazione del confinante Zimbabwe, il cui presidente Mugabe ha recentemente ammesso che la crisi da cui lo Zimbabwe non riesce più a sollevarsi dipende in gran parte dalla politica di esproprio delle aziende agricole dei bianchi, dal 2000 a oggi, e dall’incapacità manageriale della classe di colore fedele a Mugabe, che li ha sostituiti. Fa un certo effetto, sentito dire dallo stesso Mugabe, che da decenni sventola la propaganda dell’espulsione dei cittadini bianchi dallo Zimbabwe.
Va detto che il clima di risentimento verso i bianchi non è generalizzato, io credo che la maggioranza dei Sudafricani (neri, bianchi, coloured, indiani) abbia abbastanza buonsenso e apertura mentale da considerare assurdo ogni comportamento discriminatorio, e ho prova di questo tutti i giorni. Però non è nemmeno un problema da sottovalutare, anzi. Tanti piccoli segnali rivelano che il problema razzismo è più diffuso di quanto possa apparire. La popolazione sudafricana è ancora molto divisa in una specie di auto-apartheid volontario, a causa della forte differenza culturale. I neri si ritrovano in attività e locali frequentati solo da loro, i bianchi pure, e perfino i coloured (meticci) frequentano più spesso e volentieri altri coloured che altri neri o bianchi. Ho conferma di questo perfino nella nostra orchestra, dove pure lavora gente più acculturata e sensibile che in altri settori della società. Per non parlare degli indiani e asiatici (a Durban assommano a ben un quarto del totale della popolazione), che evitano per quanto possibile contatti con le altre etnie, conducendo una vita per conto loro. Non è questione di odio, semplicemente di substrato culturale comune e di mancanza di volontà, spesso, di conoscere e interagire con le altre tradizioni diverse. Però in questo modo l’integrazione è ancora molto lontana e antichi o nuovi risentimenti covano sotto la cenere, come si intuisce anche da piccoli e apparentemente insignificanti episodi. Come l’autista nero dell’autobus che si ferma ad aspettare che salgano persone di colore, ma mentre tu bianco sei a due metri dalla porta e gli fai cenno, lui ti vede ma parte lo stesso (successo più volte a più persone).

Eppure tra qualche anno potremmo ricordare queste leggi addirittura come moderate. Un nuovo giovane leader sta facendo infatti presa sui giovani neri, si chiama Julius Sello Malema, e li ha conquistati denunciando la corruzione del governo Zuma. Il problema è che Malema, oggi 34enne, in questi ultimi anni si è reso protagonista di dichiarazioni di odio razziale contro i bianchi, che sono state stigmatizzate dall’ANC (partito nero al governo) e dallo stesso presidente Zuma. Il fatto che un tale leader goda già di un vasto consenso popolare, non lascia ottimisti sul futuro dell’integrazione.
Forse il sogno della Nazione Arcobaleno è morto con Nelson Mandela.