venerdì 26 luglio 2013

Il grande cuore dei Brasiliani

In questi giorni la visita di papa Francesco in Brasile, e la reazione piena di entusiasmo e affetto dei Brasiliani, mi ha riportato alla mente ciò che ho vissuto sette anni fa durante una tournee in Brasile.
A San Paolo, e ancor più a Ribeirão Preto, città agricola dell'interno, mi sorprese la spontaneità dei comportamenti dei Brasiliani: un entusiasmo riposto in ogni momento durante le relazioni interpersonali, anche con persone (come me) che non si conoscono. Non è quindi un semplice cliché quando si parla del grande cuore dei Brasiliani.

San Paolo grande metropoli, d'accordo, ma a me è rimasta nel cuore Ribeirão Preto, città del Brasile profondo, in mezzo a centinaia di chilometri quadrati di latifondi coltivati, e ricca di frutta tropicale. La popolazione scoppiava di salute, sia fisicamente sia come umore, probabilmente proprio per il loro stile di vita a contatto con la natura. Non vi dico poi, agli occhi di noi giovinastri italiani, che impressione ha fatto la scultorea bellezza di quelle donne della provincia brasiliana, che appunto sprizzavano salute da tutti i pori!

Sto rivivendo quelle emozioni in questi giorni, e spero di tornare presto in Brasile.
Speriamo anche che pure tra noi Italiani ritorni quell'entusiasmo e quell'allegria che ci contraddistingueva agli occhi del resto del mondo e che, ahimè, stiamo perdendo... Magari, facciamoci un viaggio in Brasile per riscoprire come si fa!

mercoledì 3 luglio 2013

Egitto in stato confusionale

L'11 febbraio 2011, giorno delle dimissioni del "faraone" Muhammad Hosni Sayyid Ibrahim Mubarak da presidente dell'Egitto, travolto dall'onda della "primavera araba", ero a Ramallah. Poiché era un venerdì, giorno festivo per i musulmani, era il mio giorno di lavoro part-time e quindi rientrai a casa prima, nel pomeriggio. Ero da solo, e per rilassarmi mi distesi sul divano e accesi la TV sul canale di Al-Jazeera International, che stava trasmettendo in diretta le proteste di Piazza Tahrir al Cairo. Una folla enorme, accampata da giorni in quella piazza-simbolo, continuava a richiedere a gran voce che il rais a capo dell'Egitto da trent'anni lasciasse il potere. Verso le sei di sera, lo storico annuncio. A quel punto successe qualcosa di incredibile, anche a vederlo per televisione: un fiume, una marea umana si riversò per tutta la città del Cairo, un senso di gioia incontenibile si diffuse tra centinaia di migliaia di persone radunate tutte assieme. I corrispondenti di Al-Jazeera raccoglievano testimonianze a caso di persone tra la folla, traducendole in inglese: la gente piangeva, rideva, tentava di spiegare a se stessa che quello era il giorno più importante per la libertà degli Egiziani, e che finalmente in Egitto la popolazione era giunta alla consapevolezza dei suoi diritti e della sua intelligenza (si, intelligenza), fino a diventare tanto forte da costringere un dittatore ad andarsene. Ascoltando quelle testimonianze in diretta, mi sentii improvvisamente partecipe di un sentimento spontaneo, una gioia commossa pervasa di solidarietà che percepivo invadere tutta Piazza Tahrir e che contagiava anche gli stessi giornalisti di Al-Jazeera. Eravamo testimoni di un momento storico: un intero popolo si riappropriava, avendolo fortemente voluto, del diritto forse più fondamentale, la libertà. Davanti ai volti e alle parole delle persone in Piazza Tahrir, quella sera mi commossi fino alle lacrime.

Oggi, con la destituzione del presidente Morsi da parte dell'esercito, sembrerebbe di rivivere quei giorni. Ma il contesto è completamente diverso. Mohamed Morsi è stato il primo presidente eletto democraticamente nella storia dell'Egitto, nelle elezioni di appena un anno fa. Elezioni che si svolsero correttamente e senza brogli, tant'è che Morsi vinse con appena il 51% dei voti, contro il 48% di Ahmed Shafiq, che era stato nominato primo ministro da Mubarak. Qual è dunque il vero motivo per cui una parte dell'establishment egiziano ha fatto pressione per scatenare l'indignazione popolare e costringerlo alle dimissioni? Davvero il motivo scatenante è il decreto presidenziale con cui Morsi, nel novembre scorso, si attribuiva ampi poteri nel campo giudiziario? Decreto che avrebbe richiesto anche un nuovo processo da intentare agli imputati dell'era Mubarak che si sono macchiati dell'uccisione di manifestanti e che erano stati assolti, oltre ad altre misure volte a togliere i vari intoppi che stavano frenando il cambiamento, in primis riguardo i lavori dell'assemblea costituente incaricata di redigere una nuova costituzione. Ma in ogni caso, in seguito alle forti proteste che lo accusavano di volere il potere assoluto, Morsi in dicembre ritirò il decreto.
Quindi, qual è il motivo per cui le proteste, invece che placarsi, si sono ingigantite? La società egiziana contiene molte anime diverse, che probabilmente sono state tutte accomunate dalla paura di una nuova dittatura dopo il famigerato decreto di novembre, poi ritirato. Morsi con quel decreto voleva forse solo garantire un cammino spedito delle riforme, che già si stavano arenando a causa delle resistenze passive dei settori della società che avevano vissuto bene con Mubarak. Questa volontà riformatrice ha finito per dare un'immagine opposta, per far apparire Morsi come uno che mirava ad assicurarsi più ampi poteri, forse anche a causa del fatto che proveniva dal partito tradizionalmente conservatore dei Fratelli Musulmani. Almeno questa è la mia interpretazione.
Ciò che comunque preoccupa, è che la stessa variegata folla che fino a poche settimane fa insultava gli elicotteri militari di ronda sulla piazza, oggi, in maniera del tutto surreale, la stessa folla grida, canta e balla inneggiando a quegli stessi militari, dopo che essi hanno dichiarato l'ultimatum a Morsi. Basta così poco per cambiare gli umori di una così immensa folla? E in un Paese acculturato e istruito come l'Egitto?
Evidentemente, in periodi di disordine politico e di incertezze, la demagogia rischia di fare più presa sulla gente. Dovremmo forse tenerlo presente anche noi in Italia.
Ora rimane l'incognita: cosa ha intenzione di fare l'esercito una volta destituito Morsi? E se si trattasse di un colpo di stato bello e buono?
Speriamo che il popolo egiziano non si debba pentire della sua foga di protesta...