mercoledì 26 giugno 2013

Gerico, la fragrante


Una volta, quando lavoravo in Palestina, io e tre colleghi (un amico e due amiche) fummo invitati a passare il weekend a casa di un altro collega. Quando arrivammo, però, ci disse che per evitare problemi col suo padrone di casa avremmo dovuto fingere di essere due coppie sposate! I proprietari della casa erano infatti musulmani molto osservanti e non giudicavano bene che giovani maschi e femmine dormissero sotto lo stesso tetto se non erano sposati! Ne avemmo conferma quella sera stessa, quando il padrone di casa, parlandoci amabilmente ma con piglio deciso di capofamiglia, sotto gli sguardi compiaciuti della moglie e delle figlie, ci fece i complimenti convinto di avere davanti due coppie di sposini (pur se noi, increduli e divertiti al tempo stesso, non davamo molto adito a farlo credere...), e insisteva sul tasto che avrebbe voluto dare in sposa una delle sue figlie al nostro (malcapitato) collega, il quale, abituato da settimane a quelle singolari avances "per conto terzi", si schermiva non senza imbarazzo... Se ne sarebbe "scappato" dopo pochi mesi! Questo avveniva appena un paio d'anni fa nella mitica Jericho, Yeriho in ebreo, Ariha in arabo, o Gerico in italiano.
Gerico, la città più antica del mondo, la prima città della Terra Promessa conquistata dagli Ebrei, quando le sue famose mura crollarono agli squilli di tromba (secondo la tradizione biblica) delle schiere ebree guidate da Giosuè, successore di Mosè, più di tremila anni fa. Oggi fa parte della Palestina, è una delle aree lasciate ai Palestinesi in totale indipendenza, secondo gli Accordi di Oslo del 1993. Tre anni fa, cogliendo come occasione la data 10/10/10, l'Autorità Nazionale Palestinese celebrò i diecimila anni di vita della cittadina, ritenuta il più antico insediamento umano continuativamente abitato fino a oggi. Probabilmente è davvero così, perché dagli scavi archeologici in zona sono emerse tracce di insediamenti risalenti addirittura a quasi 20 mila anni fa, e a tutte le epoche successive. Sicuramente questo fu uno dei primi luoghi dove gli uomini preistorici abbandonarono la vita di cacciatori nomadi per radicarsi qui, in questa fertilissima oasi ricca d'acqua.

Gerico, più che una vera e propria città, in realtà anche oggi è un insieme di borgate rurali immerse in una vasta oasi, e io ci sono andato diverse volte con molto piacere, specialmente d'inverno, perché venivo accolto da un'aria calda e pregna di profumi, e da un'atmosfera rilassata, dove tutti vivono con la serafica tranquillità tipica dei posti caldi. Ho scoperto poi che proprio l'aria profumata è all'origine del suo antico nome cananaico, Ruha: significava "fragrante", lo stesso significato che ha la parola araba Ariha, il nome palestinese di Gerico. Anche il nome ebreo, Yeriho, deriva chiaramente da quella parola. Insomma, Gerico la fragrante.
La sua fortuna è proprio la presenza, in mezzo a una zona desertica, di una fertile vallata cosparsa di oasi fin dall'antichità, una vallata che si trova in una depressione di oltre 200 metri sotto il livello del mare, il che fa di Gerico il più basso sito permanentemente abitato della Terra. Questo influisce anche sul suo clima, che rimane tiepido anche d'inverno, mentre d'estate, durante il giorno, si aggira costantemente intorno ai 40 gradi... Le precipitazioni sono rare, ma l'acqua non manca grazie appunto alle oasi, sfruttate da un'agricoltura rurale molto produttiva.
La vegetazione e l'ottimo clima (soprattutto in inverno) erano ben noti da sempre: nella Bibbia, Gerico viene
Mosaici tra le rovine dell'Hisham Palace
citata p
iù volte con l'appellativo di "città delle palme" e ricchi governanti come il famoso re Erode, o come i califfi musulmani omayyadi, successori di Maometto, vi fecero costruire i loro sontuosi palazzi, le cui rovine sono tuttora visitabili (interessanti i reperti del palazzo degli omayyadi, detto Hisham Palace). 
La zona attorno a Gerico, come ogni luogo in Israele e Palestina, è cosparsa anche di siti religiosi e testimonianze risalenti alle tradizioni bibliche ed evangeliche.
Sin dal quinto secolo gli eremiti si ritiravano nelle grotte del deserto montagnoso circostante, e successivamente in quegli stessi luoghi, in epoca bizantina, sorsero chiese e monasteri, identificando questo e quel luogo come posti in cui erano avvenuti fatti importanti. Per esempio, fu così che il monte roccioso prospiciente Gerico fu identificato come il Monte delle Tentazioni, dove Gesù venne tentato dal diavolo durante quaranta giorni di solitudine e digiuno. Sul fianco di quel monte, letteralmente abbarbicato alla roccia, sorge dal 1895 il monastero greco-ortodosso della Tentazione, edificato su precedenti costruzioni bizantine e crociate (proprio così, dell'epoca delle crociate). Il monastero è incollato su uno strapiombo di roccia, ma oggi è possibile arrivarci anche con una moderna funivia. Nei dintorni, su rovine di epoca bizantina, sorgono altri monasteri e chiese, di fede greco-ortodossa, russo-ortodossa, copta, etiopica, siriana, rumeno-ortodossa. Poco a nord di Gerico si sono trovati anche i resti di un'antica sinagoga ebraica. Una decina di chilometri a sud, invece, c'è Nabi Musa, il più importante sito religioso musulmano nella zona, dove secondo i musulmani (solo secondo loro) sarebbe sepolto Mosè, che dai musulmani è considerato uno dei profeti dell'islam, la cui rivelazione originale però andò perduta.
Vi è venuto mal di testa? Anche a me!
Questo è solo un assaggio per farvi capire quale crogiolo di culture si è stratificato in quella regione nel corso dei secoli. Per non parlare di Gerusalemme, dove questo "melting pot storico" è moltiplicato all'ennesima potenza. Ma di Gerusalemme magari parlerò un'altra volta.
Eppure gli abitanti di Gerico proseguono la loro vita tranquilla, tra la preghiera alla moschea, la coltivazione dei campi e la vendita dei prodotti agricoli, e anche il dolce far niente. Molti di loro, presi da una routine millenaria di vita contadina, magari non sono consapevoli fino in fondo della unicità del luogo in cui vivono. Oppure lo sono e lo giudicano normale.

Purtroppo, per oltre mezzo secolo l'instabilità politica e la tensione con Israele si è fatta sentire anche qui, in questo luogo ameno e isolato, lontano dai centri di potere. In seguito alla sconfitta araba nella guerra del 1948 contro il neonato Stato di Israele, Gerico visse sotto l'amministrazione della Giordania e divenne rifugio di migliaia di profughi palestinesi della Nakbah. Nel 1967, dopo la "guerra dei sei giorni", anche Gerico venne occupata da Israele, come tutta la Cisgiordania.
Negli ultimi vent'anni la lenta storia plurimillenaria di Gerico ha subito un'accelerazione improvvisa. Nel 1994 fu la prima città palestinese a passare sotto il diretto controllo dell'Autorità Nazionale Palestinese, in seguito agli Accordi di Oslo. Nel 1998 l'ANP, in un ardito piano per far girare soldi nella nascente economia palestinese, si accordò con un ricco ebreo austriaco per costruire addirittura un casinò a Gerico, che potesse attirare i giocatori d'azzardo israeliani, dal momento che in Israele il gioco d'azzardo è illegale. Tra l'altro, vicino a Gerico si trova il Mar Morto, meta di villeggiatura privilegiata dagli israeliani. Anche la fede musulmana condanna il gioco d'azzardo, ma l'ANP decise di correre il rischio pur in una cittadina molto "all'antica" (è il caso di dirlo, eheheh!) come Gerico. Da notare che il presidente dell'ANP a quel tempo era ancora lo storico leader palestinese Yasser Arafat, quindi tutto questo progetto era ancora di più da considerarsi eccezionale. Effettivamente il progetto funzionò per un paio d'anni: molti israeliani (quasi tremila al giorno) venivano a Gerico per giocare al casinò. Ma lo scoppio della seconda intifada determinò la chiusura del casinò e nessun civile israeliano da allora ha messo più piede a Gerico (ufficialmente, almeno). Durante la seconda intifada, le truppe israeliane occuparono di nuovo tutta la zona e scavarono una trincea profonda due metri attorno alla cittadina, per controllare il traffico di chi entrava e chi usciva. Tornata sotto il controllo palestinese nel 2005, vige tuttora la legge degli Accordi di Oslo di vent'anni fa: cioè, Gerico fa parte delle zone sotto diretta amministrazione palestinese (zona A), in cui i civili israeliani non possono più entrare, ma tutta l'area circostante, che divide Gerico dalle altre città palestinesi, appartiene alla "zona C", cioè a quella vasta area della Cisgiordania sotto pieno controllo militare israeliano. In sostanza, i palestinesi possono oggi tranquillamente viaggiare da Gerico a Ramallah o a Betlemme (il problema di andare a Gerusalemme, invece, l'ho spiegato in un precedente post), ma se a metà strada venissero bloccati da una pattuglia israeliana sarebbero costretti a fermarsi, perché lì il controllo del territorio spetta tutt'oggi all'esercito israeliano, come del resto avviene in tutte le zone interposte tra le principali città palestinesi. Un evento eclatante che spiega bene la situazione avvenne sette anni fa, quando l'esercito israeliano fece un assedio in grande stile al carcere di Gerico per prelevare con la forza alcuni prigionieri palestinesi accusati di essere terroristi della seconda intifada (il governo palestinese di allora, capeggiato da Hamas, aveva promesso la loro liberazione). Il carcere di Gerico fa parte a tutti gli effetti della zona A, sotto diretto controllo palestinese, e questa irruzione fu condannata da più parti, non solo dai Palestinesi. Ma ciò non impedì a Israele di prelevare i prigionieri, che ora sono custoditi in un carcere israeliano. Oggi la situazione è cambiata: il rafforzarsi di un governo palestinese moderato, che di fatto collabora almeno in parte con Israele, fa sì che un evento simile non si potrebbe ripetere. Ma la situazione in quella regione è sempre sull'orlo dell'instabilità e non si può mai dire cosa succederà l'anno prossimo o tra un paio d'anni.
Per intanto, il governo palestinese sta cercando di far nascere un turismo internazionale a Gerico, e i dati degli ultimi tre anni sono confortanti. Decine di migliaia di turisti all'anno (molti asiatici e russi) arrivano per vedere il sito archeologico della città antica, o l'Hisham Palace, di passaggio verso il Mar Morto (di cui magari parlerò in un capitolo a parte una prossima volta).
Un'altra attrazione turistica di Gerico è il sicomoro, l'albero su cui, secondo i Vangeli, salì Zaccheo per vedere meglio Gesù attorniato dalla folla. Il grande albero sorge su un terreno di dieci ettari in centro città, terreno che nell'Ottocento venne comprato da un monaco russo (forse perché vi si trovavano i resti di una chiesa bizantina) e poi passato alla Società Imperiale Ortodossa di Palestina, incaricata dallo stesso governo russo di tutelare gli interessi della Chiesa ortodossa russa in Terra Santa. Due anni fa su quel terreno è stato inaugurato un nuovissimo museo russo (non sono mai riuscito a capire che reperti museali contenga, in realtà...) e all'inaugurazione era presente lo stesso presidente russo Medvedev, accanto al presidente palestinese Abu Mazen. Il grande sicomoro di Zaccheo è stato recentemente recintato all'interno del nuovo parco del museo, anche se è tuttora ben visibile dalla strada. L'"appropriazione" non è stata gradita dai greci ortodossi di una chiesa vicina, che sostengono che il vero sicomoro di Zaccheo si trova in realtà nel giardino della loro chiesa. D'altra parte, i botanici israeliani insistono nel sostenere che ogni diatriba è inutile, in quanto non è possibile stabilire l'età di un sicomoro perché il suo tronco non ha cerchi.

Come vedete, Gerico è uno scrigno che contiene tante storie diverse, come ogni altro luogo in Terra Santa. Speriamo che, lasciati alle spalle gli anni della guerra e di progetti improbabili come il casinò, e sperando in turismo rispettoso, gli abitanti di Gerico "la fragrante" possano tornare alla loro millenaria tranquilla vita quotidiana, tra campi, allevamenti, preghiere e "dolce far niente".

sabato 15 giugno 2013

1984 e la "democrazia protetta"


George Orwell prevedeva qualcosa di simile già più di mezzo secolo fa nel suo romanzo visionario 1984.
Si sa che i governi possono avere accesso ai tabulati telefonici e ad altre informazioni private dei propri cittadini, nelle circostanze previste dalla legge, in genere quando lo richiedano indagini su certi crimini o questioni di sicurezza nazionale.
Eppure fa un certo effetto venire a sapere che un giovane ex informatico della CIA, tale Edward Joseph Snowden, ha denunciato alla stampa che l'Agenzia per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti (NSA) da anni "spia" le informazioni digitalizzate riguardanti privati cittadini in tutto il mondo, quindi anche noi Europei, attraverso un programma denominato PRISM. E lo ha dichiarato dopo essere volato a Hong Kong, Cina, per evitare un sicuro arresto da parte delle autorità americane. E forse lascia ancora più pensare il fatto che l'amministrazione USA ha reagito malissimo alle esternazioni di Snowden. Lo stesso ministro della Giustizia, Eric Himpton Holder, ha dichiarato in conferenza stampa: "È stata aperta un'inchiesta su questo caso e posso assicurare che fermeremo il responsabile e lo consegneremo alla giustizia. La sicurezza nazionale degli Stati Uniti è stata danneggiata da queste rivelazioni. La sicurezza degli americani e quella delle altre nazioni alleate è ora a rischio".
Inquietanti sono poi le dichiarazioni rilasciate in un'intervista esclusiva alla CNN dall'ex spia Christopher John Boyce (che scontò 25 anni di carcere per aver venduto alcuni segreti della CIA all'allora Unione Sovietica): "Provo compassione per Edward Snowden, perché so che razza di vita dovrà condurre d'ora in poi. Snowden sarà da solo tutta la vita. Sono molto dispiaciuto per lui. Per tutta la vita non potrà fidarsi di nessuno. Credo che questa vicenda finirà male per lui. È comunque spacciato, qualunque cosa faccia lo prenderanno e pagherà per quello che ha fatto".
La sede della NSA (National Security Agency) degli Stati Uniti
Già un mese fa l'Associated Press, una delle agenzie di stampa più importanti al mondo, aveva denunciato l'intrusione del Dipartimento della Giustizia americano nell'ottenere di nascosto informazioni attraverso i tabulati di oltre venti linee telefoniche dell'AP usate da più di un centinaio di giornalisti, nell'arco di due mesi. In quell'occasione l'AP aveva protestato parlando di "una enorme e senza precedenti intrusione nel lavoro di un'organizzazione giornalistica", e la Casa Bianca si era vista costretta a sconfessare l'operato del Dipartimento della Giustizia, affermando che il presidente Obama non ne era al corrente.
Diciamocelo, ogni governo nella storia ha fatto il possibile per venire in possesso di tutte le informazioni possibili. La differenza è che oggi, in un mondo sempre più digitalizzato e globalizzato, le informazioni su ognuno possono essere reperite molto più facilmente.
In seguito agli attentati terroristici dell'11 settembre 2001, gli Stati Uniti hanno tessuto pezzo per pezzo un sistema di iniziative costituzionali (prima con il Patriot Act varato dall'amministrazione Bush, oggi con delle leggi che rendono legale il programma PRISM) volte a costruire una sorta di "democrazia protetta" (il termine non è mio, è del giurista Stefano Rodotà). In questo nuovo scenario, i tabulati telefonici, l'accesso a internet, l'uso delle carte di credito, il passaggio quotidiano davanti a telecamere di sorveglianza sempre più diffuse (ricordo orwelliano), questi e altri elementi lasciano una serie di tracce di ogni persona che si muove all'interno della moderna società, soprattutto nei Paesi con una società basata più o meno blandamente sul sistema capitalistico. Ogni individuo quindi può potenzialmente essere sottoposto a una sorveglianza continua attingendo all'universo sterminato delle banche dati come ad una miniera a cielo aperto. Questo sicuramente può essere visto positivamente, come un sistema di garanzia della sicurezza dello Stato e dei suoi abitanti. Ma chi garantisce dell'uso che viene fatto di tutte queste informazioni?

I documenti consegnati alla stampa da Edward Snowden descrivono il programma PRISM come abilitato alla sorveglienza in profondità su comunicazioni dal vivo e informazioni memorizzate, su dati che comprendono email, chat vocali e videochat, video, foto, conversazioni VoIP, trasferimento di file, notifiche d'accesso e dettagli relativi a siti di reti sociali: praticamente ogni movimento che qualsiasi individuo può compiere nel nostro mondo digitalizzato. Gli articoli del Washington Post e del Guardian hanno riportato che i dati raccolti da PRISM provengono direttamente dai server dei server provider di internet, e dirigenti aziendali di diverse società individuate nei documenti trapelati hanno comunicato che non erano a conoscenza del programma PRISM e in particolare hanno smentito di rendere le informazioni disponibili al governo in vasta scala come riportato dai quotidiani.
La "patata bollente" non è destinata a raffreddarsi in fretta, perché è venuto fuori che anche lo stesso Congresso degli Stati Uniti, o almeno buona parte di esso, era all'oscuro del sistema spionistico allestito dal programma PRISM. Una deputata del Congresso, Loretta Sanchez, dopo aver ascoltato un briefing reso al Congresso da dirigenti della National Security Agency, ha ammesso: "È molto di più di quanto abbiano riportato i media: quella è solo la punta dell'iceberg. Siamo rimasti tutti stupefatti".
Glenn Greenwald, giornalista del Guardian, nonché avvocato, che ha diffuso le prime slide ricevute da Snowden, ha evidenziato proprio questo aspetto: "Come si può pensare che sia remotamente sano in una democrazia avere negli uffici della National Security Agency un massiccio apparato spionistico di cui persino i membri del Congresso erano del tutto ignari? Come si può contestare il valore e la giustificabilità delle rivelazioni che siamo stati in grado di pubblicare grazie a Edward Snowden? Storie che hanno informato il pubblico americano, ma anche il Congresso, su quei programmi?"
Lo stesso Greenwald sottolinea poi che la maggioranza degli stessi cittadini americani, secondo sondaggi d'opinione, sostiene l'azione di Snowden, nonostante sia stata duramente condannata dal governo. Il sondaggio condotto dal Time ha riscontrato che il 54% degli americani è convinto che Snowden abbia fatto bene e solo il 30% lo condanna, un apprezzamento di gran lunga superiore a quello attualmente goduto da Obama e dal Congresso. Se la maggioranza crede che, comunque, Snowden debba essere processato, tra i giovani prevale l'opinione opposta, Snowden non deve neanche essere incriminato. Per il sondaggio condotto dalla Reuters, Snowden è più un "patriota" che un "traditore". E un sondaggio Gallup questa settimana ha rilevato che la maggioranza degli americani (53%) disapprova i programmi di spionaggio della NSA venuti allo scoperto grazie a Snowden, mentre li approva il 37%.
Parallelamente però il partito democratico americano si è allineato su una politica di sostegno ai programmi-spia del governo, che invece contestava con decisione ai tempi dell'amministrazione Bush, e di conseguenza anche l'elettorato di fede democratica si sarebbe appiattito sull'accettazione di questa linea: secondo il Pew Research Center, nel 2006 tali programmi "lesivi della privacy" erano accettati dal 37% del pubblico di fede democratica e considerati inaccettabili dal 61%, mentre nel 2013 farsi spiare dalla NSA è diventato accettabile dal 64% e contestato solo dal 34%. Come si può notare, i pesi sulla bilancia si sono praticamente invertiti.

Quindi scandalizzarsi per i "programmi-spia" della NSA è facile, ma bisogna anche vigilare che dietro un'apparente disapprovazione non si nasconda in realtà una disponibilità all'emulazione, come potrebbe accadere anche in Europa. Già attualmente, in base a una direttiva europea recepita in Italia dal codice della privacy, si impone a tutti i fornitori di servizi di comunicazione la conservazione, per scopi di accertamento e repressione dei reati, dei dati di traffico telematico (per un anno) e telefonico (per due anni). Parliamo dei dati di tutte le comunicazioni, non solo di quelle di soggetti attenzionati dai servizi di intelligence, come invece succede negli USA. Inoltre, in base al codice di procedura penale italiano, è possibile attivare questo genere di controlli preventivi – peraltro sia sui dati di traffico sia sul contenuto delle conversazioni (mentre in America è possibile solo sui dati di traffico e non sul contenuto) – a seguito di una mera richiesta rivolta al procuratore della Repubblica anche solo dal questore o dal comandante provinciale dei Carabinieri. E tutto questo, infine, può essere svolto senza che sia necessaria una precisa notizia di reato e lontano dalle garanzie legali previste dal codice per le intercettazioni giudiziarie vere e proprie.
È opportuno considerare che queste modalità di intercettazione possono essere molto importanti per risolvere indagini su mafia, corruzione e terrorismo. Allo stesso tempo, fatte salve queste importanti ragioni, bisogna tenere le antenne sempre alzate per evitare che un giorno non ne venga fatto cattivo utilizzo.
L'Unione Europea, allo scoppio dello scandalo PRISM, ne ha richiesto spiegazioni agli USA, come ha dichiarato il commissario europeo per gli affari interni Anna Cecilia Malmström: "Gli Stati Uniti hanno capito le nostre preoccupazioni e sono pronti a fornirci tutte le informazioni necessarie su questa questione sensibile. Occorre trovare il giusto equilibrio tra lotta al terrorismo e limiti alla privacy. Abbiamo optato per l'istituzione di un gruppo di esperti provenienti da entrambe le sponde dell'Atlantico, si scambieranno informazioni e studieranno un sistema per fornire delle garanzie sul trattamento dei dati privati. Il PRISM non può funzionare a spese dei cittadini europei".
Il timore è che questo "scambiarsi informazioni" tra USA e UE porti a una collaborazione spionistica, più che a un chiarimento sui limiti dell'intrusione nella privacy.

Insomma, non siamo certo a 1984 di Orwell, ma forse stiamo andando verso una forma di "democrazia protetta", e converrà rimanere aggiornati e informati.

Buon viaggio...

domenica 2 giugno 2013

Viaggio su Marte, sola andata.


Mi viene in mente un pezzetto di una vecchissima canzone dello Zecchino d'Oro: "Fra 10 o 15 anni per la Luna partirem...". Beh, pare che oggi possiamo dire: "Fra 10 o 15 anni per Marte partirem". La NASA ha in progetto di far sbarcare l'uomo sul pianeta rosso entro il 2035. Ma c'è chi prevede di anticipare i tempi addirittura entro una decina d'anni da adesso.

Si tratta di Mars One, una fondazione no profit del ricercatore olandese Bas Lansdorp, che ha studiato un piano apparentemente scientifico, sostenuto anche da alcuni scienziati di primo piano (tra cui Gerardus 't Hooft, premio Nobel per la Fisica nel 1999) per organizzare lo sbarco dell'uomo su Marte nel 2023, inviando ogni due anni nuovi astronauti fino a formare una piccola colonia marziana di venti persone entro il 2033, quindi prima dei tempi previsti dalla NASA.
E siccome mandare uomini su Marte viene a costare miliardi di euro, il simpatico Bas si sarebbe inventato di organizzare il tutto come un reality show, in modo da attrarre sponsor e investitori: è proprio vero che i tempi sono molto cambiati da quando il viaggio nello spazio era considerato una sorta di missione eroica per lo sviluppo futuro dell'umanità!

Io non riesco ancora a convincermi che non si tratti di una fregnaccia, ma intanto la cosa è stata presa sul serio da decine di migliaia di persone. In poco più di un mese sono infatti già oltre 80.000 da tutto il mondo coloro che hanno inviato la loro candidatura per partecipare al futuro viaggio. Il termine per inviare un proprio video di presentazione scade ad agosto e c'è da aspettarsi che i candidati ad allora possano essere centinaia di migliaia, per pochissimi posti a disposizione: solo 40 saranno i primi prescelti per diventare futuri astronauti, che dovranno sottoporsi a un addestramento in una replica della futura base marziana. Addestramento che dovrebbe aver luogo in una zona desertica della Terra e che, udite udite, sarà trasmesso in televisione appunto come un reality show: sarà forse proprio il pubblico, come in ogni reality, a votare i quattro astronauti che prenderanno parte al primo volo, nel 2022!
Bas Lansdorp, fondatore del progetto Mars One
Per percorrere i 60 milioni di chilometri tra Terra e Marte ci vorrà un viaggio spaziale di sette-otto mesi, fino all'arrivo a destinazione nel 2023, secondo i piani di Mars One.
Il fatto che tutta l'impresa diventi un evento mediatico è stata una precisa scelta, spiegano gli organizzatori: il progetto vuole essere totalmente indipendente dalla politica, e quindi per garantire il necessario afflusso di finanziamenti (come dicevamo, diversi miliardi di euro) si è pensato di trasformarlo in un reality, in grado di calamitare sponsor finanziatori; inoltre, dicono sempre gli organizzatori, l'attenzione mondiale sul fenomeno dovrebbe anche far sì che ci sia una certa pressione sul rispetto di tutti i parametri di sicurezza per le persone coinvolte in un viaggio così avventuroso e difficile.
L'altro dettaglio incredibile è che la missione, sempre a causa dei costi enormi, prevederebbe viaggi di sola andata: Mars One prevede che soltanto coloro che sognano di vivere la loro esistenza su Marte saranno adatti ad andare, in quanto, una volta atterrati là, gli astronauti dedicheranno la loro vita a formare una colonia marziana. Un ritorno sulla Terra non è quindi previsto, almeno nell'attuale progetto.
Già dall'anno prossimo, se i fondi saranno sufficienti, dovrebbe partire la costruzione di tutto l'apparato di supporto, a partire dalla preparazione della missione di ricognizione sul terreno, con un robot simile all'attuale Curiosity della NASA, in grado di preparare per tempo l'arrivo dei futuri astronauti.

Chissà se questo progetto prenderà il via. Intanto però vorrei cogliere l'occasione per ricordare e celebrare un vero mito dell'esplorazione spaziale, le due sonde Voyager, che lanciate 36 anni fa stanno tuttora viaggiando alla velocità di circa mille chilometri al minuto. È infatti notizia recentissima che la Voyager 1 sta ormai uscendo dal sistema solare. In tutti questi anni le due sonde ci hanno trasmesso tantissime informazioni e lo stanno tuttora facendo anche da 20 miliardi di chilometri da noi! Tra pochi anni smetteremo di ricevere il loro segnale, ma loro continueranno a viaggiare verso l'esterno del nostro "piccolo" sistema solare, avventurandosi in regioni sconosciute. Complimenti a quelle "inossidabili vecchiette"!

Comunque, sapete che vi dico? Bella l'esplorazione spaziale, ma io più passano gli anni e più mi sento affezionato alla nostra bellissima Terra e non me ne andrei da qui nemmeno per tutto l'oro del mondo!!
E voi? Qualunque sia la vostra opinione...

Buon viaggio!