venerdì 29 luglio 2016

Da Durban a Maputo on the road

La vista di Maputo dalla riva opposta della baia

È la seconda volta che visito la città di Maputo, capitale mozambicana. Due anni fa ci ero arrivato dalla strada asfaltata che dal confine sudafricano attraversa in tutta la sua lunghezza il piccolo Stato dello Swaziland, prima di entrare in Mozambico, per poi dirigersi verso est fino a Maputo. Questa volta ho deciso di percorrere in auto tutta la costa da Durban a Maputo, attraversando il confine sud del Mozambico, dove confina direttamente con il Sudafrica. L’autostrada che esce da Durban in direzione nord affianca la zona costiera solo per un po’, poi si mantiene nell’entroterra. Lungo la costa ci sono strade secondarie, che attraversano villaggi di vacanza sul mare per ricchi sudafricani. Dopo Ballito, non esiste più una vera strada costiera, solo un’autostrada che attraversa la terra dello Zululand, dove due secoli fa il bellicoso Shaka regnava sul suo impero zulu. Tuttora Shaka è onorato come eroe nella cultura zulu, ma oggi questa regione è costellata di villaggi dove la popolazione zulu, sempre molto orgogliosa, vive di pastorizia e agricoltura, o si reca nelle cittadine vicine o addirittura fino a Durban per lavorare come manodopera. Sono stati costruiti ponti pedonali che scavalcano l’autostrada, perché la popolazione è abituata a passare da un villaggio all’altro a piedi, spesso con le loro mandrie di vacche, e in passato si sono registrati diversi incidenti, povera gente morta investita mentre attraversava una strada che non appartiene al loro mondo. Attraversata la brutta cittadina portuale di Richards Bay (davvero nulla da vedere qui), si raggiunge il famoso iSimangaliso Wetland Park, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. È un parco naturale protetto che si estende su oltre tremila chilometri quadrati, e su 280 km di costa. Qui mi sono fermato per tre notti, in tre località diverse, per poter vedere le diverse aree del parco. Gran parte del parco non è percorribile in
Diversi tipi di coralli a Sondwana Bay
auto perché non ci sono strade. La parte visitabile con relativa facilità è quella meridionale, attorno al lago di Saint Lucia, popolato da ippopotami e coccodrilli (all’interno della riserva è concesso scendere dall’auto solo nelle aree appositamente allestite, e a proprio rischio e pericolo…). Per questo vengono organizzate escursioni in barca, il mezzo migliore per penetrare nel cuore della riserva naturale. Le dune sabbiose che danno sull’oceano, stupende, sono invece il punto di partenza per appassionati di nuoto subacqueo, grazie alle coloratissime barriere coralline, di cui io ho ammirato la parte più vicina alla riva, affiorante con la bassa marea. La foresta costiera del Maputaland, invece, per centinaia di chilometri quadrati è percorribile solo con fuoristrada, su piste di sabbia spesso dissestate e non curate. Fortunatamente ero in compagnia di altri, su un comodo fuoristrada, il che ci ha permesso di attraversare quell’immensa area semidisabitata (tranne qualche piccolo e sperduto villaggio). In ogni caso ci siamo persi perché le piste hanno innumerevoli diramazioni e non ci sono indicazioni. Non è raro inoltre ritrovarsi la strada occupata da una mandria di vacche selvatiche che non hanno alcuna intenzione di liberare il passaggio. Siamo riusciti a uscirne solo a sera inoltrata, dopo aver attraversato una zona abitata da poche case e aver chiesto informazioni su quale pista conduceva al più vicino villaggio di una certa importanza. Per fortuna avevamo una cartina con il nome del villaggio segnato. Le indicazioni della gente del posto per forza di cose erano vaghe: “Andate in quella direzione, tenete sempre le piste sulla destra più che potete, fino a che raggiungerete un ponte sul fiume, poi tenendo quella direzione dopo un po’ raggiungerete la via per il villaggio”…
L’accesso al confine col Mozambico è invece una comoda strada asfaltata. Appena oltrepassato il confine, però, non c’è traccia di strade: lì si viaggia solo e soltanto, ancora una volta, su piste di sabbia. Sono rimasto piuttosto sconcertato nello scoprire che in tutta la parte più meridionale del Mozambico, praticamente fino a Maputo, non solo non esistono strade asfaltate, ma che gran parte delle vie di comunicazione non sono nemmeno sterrate, bensì sono appunto piste per fuoristrada. La ragione è semplice: la popolazione mozambicana, fuori dalla capitale e dalle città, è molto povera. Si muovono a piedi e la loro vita è limitata ai villaggi circostanti. Eppure, dopo aver sostato una notte alla località turistica di mare Ponta do Ouro (bellissimo posto, anche se un po’ isolato, preferisco tuttora Tofo e Inhambane, 650 km più a nord, dove ero stato due anni fa), siamo ripartiti verso Maputo e ho scoperto che qualcosa sta cambiando anche nel povero Mozambico. Beh, non per la popolazione povera del posto, chiaramente. Dopo qualche chilometro infatti il nostro fuoristrada ha potuto finalmente immettersi su una strada sterrata in costruzione: una volta ultimata sarà una vera e propria strada di alta percorrenza che collegherà Maputo col confine meridionale del Mozambico. E chi la sta costruendo? Imprese cinesi! Che impressione vedere lungo la strada operai neri e ingegneri e geometri cinesi che davano indicazioni. E di più: a un certo punto la strada in costruzione passa accanto a una vera e propria struttura industriale cinese, modernissima, anch’essa in costruzione. Insomma, visto da qui sembrerebbe che il futuro dell’Africa sub-sahariana sia stato appaltato alla Cina…
Si arriva su strada sterrata di campagna fino all’estuario su cui, sulla sponda opposta, si affaccia Maputo. Visto da questa sponda, sembra quasi una sorta di povera e dimessa Manhattan che si allunga sulla baia: grattacieli bassi, vecchi e poco appariscenti. Tranne alcuni grattacieli sfavillanti di recentissima costruzione, ovviamente opera dei cinesi. Per attraversare l’ampio fiume l’unico mezzo tuttora è il traghetto con trasporto auto, ma gli stessi cinesi stanno costruendo un modernissimo ponte, che dovrebbe essere terminato già l’anno prossimo.
Maputo è una città caotica, ma la popolazione del Mozambico, anche qui nella capitale, è sorridente e gentile. Soprattutto, nonostante la povertà, ci si sente sicuri. La microcriminalità è quasi inesistente, si dice. L’eredità del passato coloniale portoghese è tuttora presente: nella lingua parlata innanzitutto (il portoghese), e nei palazzi rimasti pressoché intoccati da decenni (addirittura diversi edifici
Per le strade di Maputo
abbandonati e diroccati in pieno centro). Ma la popolazione bianca è molto minoritaria, quasi non si incontra. Inoltre Maputo non è (ancora) una meta turistica: basta fare una passeggiata nel caotico centro per rendersi conto che la città vive a misura dei suoi abitanti, non è ancora attrezzata per un turismo di massa, che qui non sanno cosa sia. Anche la passeggiata del lungomare non è curata e abbellita, è lasciata così com’è da decenni, a uso della gente del posto. La verità è che Maputo si sta riprendendo solo negli ultimi anni, lentamente, dalla situazione di depressione e miseria in seguito alla lunga e cruenta guerra civile terminata nel 1992, che ha cambiato il volto di una città che fino a una trentina d’anni fa era cosmopolita, vivace e all’avanguardia rispetto ad altre città africane. Nella piazza centrale, di fronte alla sede del municipio, nel luogo dove un tempo c’era la statua del governatore generale portoghese del Mozambico, troneggia oggi una statua gigante in bronzo, in stile sovietico devo dire: infatti è stata ideata e costruita in Corea del Nord, e donata appena cinque anni fa a Maputo, in quanto dedicata al leader marxista rivoluzionario Samora Moisés Machel, primo presidente del Mozambico dall’indipendenza dal Portogallo (1975) alla sua morte nel 1986. Questa stranezza è spiegata dal fatto che tuttora il partito di governo in Mozambico è il Frelimo, lo stesso che condusse la rivoluzione contro il colonialismo portoghese, e lo stesso sempre al potere dall’indipendenza a oggi, nonostante ormai negli ultimi anni abbia abbandonato ogni retorica di vecchio stampo socialista per aprirsi al libero mercato.
Sul traghetto che attraversa la baia di Maputo
Appena si esce dalla città, si attraversano villaggi poverissimi. Ne abbiamo attraversato uno col fuoristrada, andando molto lentamente perché la strada che lo attraversava era fatta per muoversi a piedi: gente povera ma serena e felice, che vive e commercia con quello che ha, e sta bene così. Forse saranno le imprese cinesi, sempre più numerose, a portare la capitale del Mozambico al passo coi tempi. Già nei prossimi anni prevedo un divario sempre più estremo tra la gran parte della popolazione, che sopravvive arrangiandosi come può, e i nuovi ricchi prodotti dall’apertura del commercio con la Cina. Già ora ho notato che nelle catene più note di supermercati, di recente apertura, i prezzi sono addirittura più alti che a Durban. Rimane da vedere quanto profondo diventerà il solco tra ricchi e poveri, nel prossimo futuro. Quello che è sicuro è che la Cina sta colonizzando economicamente e anche a livello di infrastrutture questa parte dell’Africa, aprendo scenari geopolitici inediti per questo XXI secolo.
Vorrei concludere con una nota leggera. E' vero che i tratti somatici mozambicani sono di una certa bellezza, ma non è solo quello, è anche un modo di fare sempre pronto al sorriso, un sorriso che parte dagli occhi, sempre vivi e pronti allo scherzo o al flirt. Diversi sguardi femminili mi hanno trasmesso in modo contagioso la gioia di godere di semplici attimi, di semplici sorrisi. Forse è questo il tesoro più prezioso della gente mozambicana. Speriamo che lo conservino a lungo.