domenica 31 agosto 2014

L'etnia Tswana

L'anno scorso a Durban è stata eletta Miss Cultura Sudafrica 2013 la rappresentativa dell'etnia tswana


Dopo sette mesi di vita in Sudafrica vengo ancora a scoprire sempre nuovi dettagli su questo posto originalissimo e unico al mondo. Nei prossimi articoli mi dedicherò quindi a raccontare ciò che vedo e sento e che ritengo particolarmente degno di essere raccontato, anche se si tratta di piccole cose.

Per esempio, io ero convinto che tutti i sudafricani di colore sapessero parlare la lingua zulu. Invece l'altro giorno, conversando con una mia collega violista di colore, mi dice che no, lei non conosce lo zulu. Viene da Bloemfontein, all'interno (città che diede i natali anche a J.R.R. Tolkien, l'autore del Signore degli Anelli), ed è di etnia tswana.
Oggi il Sudafrica ha ben 11 lingue ufficiali: inglese, afrikaans (la lingua degli ex coloni boeri), zulu (lingua principale qui a Durban e in tutta questa regione del KwaZulu-Natal, da cui viene l'attuale presidente sudafricano Jacob Zuma), xhosa (l'etnia di Nelson Mandela, anche questa piuttosto diffusa in questa regione), tswana, sotho del sud, sotho del nord, tsonga, swati, venda e ndebele del sud. Questo rende l'idea di che mosaico di etnie sia questo Paese.

Così ho scoperto che l'etnia tswana vive principalmente in Botswana (da cui deriva il nome di quello Stato) e nel nordovest del Sudafrica. E ho scoperto un episodio importante e poco conosciuto da noi, nella storia recente del Sudafrica, che riguarda gli Tswana.
Negli anni '70 il regime sudafricano dell'apartheid creò i famosi bantustan, cioè territori dove avrebbero dovuto confluire tutti i neri, meticci, "coloured", nell'uno o nell'altro territorio a seconda della provenienza etnica (che in molti casi diventava una decisione arbitraria, considerati i secoli di mescolanze etniche). Formalmente questi territori venivano dichiarati indipendenti, con un loro proprio capo di governo, ma di fatto rimanevano indirettamente dipendenti dal governo del Sudafrica. Le persone di colore perdevano la cittadinanza sudafricana nel momento in cui venivano riconosciuti come appartenenti a questo o a quel bantustan, anche quando (spesso) non vi si trasferivano, rimanendo a vivere nelle baraccopoli (townships) alle periferie delle città sudafricane.
Circa due milioni di tswana vennero privati della cittadinanza sudafricana e dichiarati "appartenenti" al bantustan Bophuthatswana, "indipendente" dal 1977, spezzettato in sette enclaves separate tra loro (come avveniva per tutti i bantustan, per non permettere che avessero continuità territoriale come un vero Stato) nel nordovest del Sudafrica, verso il confine con il Botswana. In un territorio di 40.000 kmq (tutto spezzettato, come ho detto) finirono per confluire un milione e mezzo di persone, spesso deportate anche con la forza. Il Bophuthatswana era il bantustan piu ricco, grazie alle miniere di platino e al celebre casinò di Sun City, che attirava un grande afflusso di clienti bianchi anche da Pretoria e Johannesburg, dato che in Sudafrica al tempo il gioco d'azzardo era proibito. Il presidente di questo bantustan fu lo tswana Kgosi Lucas Manyane Mangope. E fu lui che fece passare alla storia il Bophuthatswana, certamente non in senso positivo.

Nel 1994, mentre in Sudafrica venivano indette le prime elezioni democratiche e i bantustan venivano dichiarati illegali, Lucas Mangope si rifiutò di cedere il potere e anzi assunse posizioni sempre più autoritarie. I bianchi che vivevano nel Bophuthatswana approfittarono della situazione per appoggiare il mantenimento di un regime simile a quello dell'apartheid. Ma la situazione degenerò in violenze, fino alla uccisione di tre militari con colpi a bruciapelo da parte di un ufficiale di Mangope, episodio ripreso dalle telecamere di giornalisti. Quelle immagini fecero il giro del mondo e segnarono la fine della resistenza di Mangope. Si dice che il presidente sudafricano De Klerk inviò un telegramma a Mangope in cui era scritto: "Se il Bophuthatswana vuole la guerra avrà la guerra". Alla notizia che colonne armate sudafricane stavano marciando verso il bantustan, Mangope fuggì in elicottero. Il 27 aprile del 1994 tutti i dieci bantustan, incluso il Bophuthatswana, vennero reintegrati nel nuovo Sudafrica del post-apartheid.


Io fino a poco fa non sapevo questo episodio, come tuttora non ne so molti altri che hanno costellato la storia sudafricana. Ora guardando questa mia collega tswana, una ragazza di circa venticinque anni, penso: lei nel '94 era già nata. Chissà se la sua famiglia viveva all'interno del bantustan Bophuthatswana o a Bloemfontein priva però della cittadinanza sudafricana. Un giorno forse glielo chiederò.

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