Questo è un post che riguarda i periodi pre-storici della Cina in cui avvennero passaggi fondamentali che condussero verso l'antica civiltà cinese. È una cavalcata affascinante perché ci permetterà di vedere come quella antica civiltà non sorse da un giorno all'altro, ma attraverso migliaia di anni di graduale progresso, in epoche preistoriche in cui perfino le antiche civiltà egizia e mesopotamica non erano ancora sorte. Tuffiamoci quindi in questo affascinante viaggio.
Come abbiamo visto nel precedente post, la catastrofica eruzione del supervulcano di Toba, attorno al 75.000 avanti Cristo, aveva provocato non solo morte e distruzione in una vasta area del sudest asiatico, ma anche un mini periodo glaciale che aveva portato sull'orlo dell'estinzione la giovane specie umana. Anche se ci fossero già stati Homo sapiens in Cina a quel tempo, molto probabilmente essi si estinsero quindi per le conseguenze di quel cataclisma: se anche sopravvissero nell'immediato, andarono incontro all'estinzione lentamente nel giro di migliaia di anni a causa delle proibitive condizioni di vita successive al cataclisma e all'assenza di nuove immigrazioni. È infatti accertato dagli studi genetici che tutta la popolazione mondiale attuale, di oltre 8 miliardi di persone, si evolse da pochissime migliaia di umani sopravvissuti (dai tremila ai diecimila individui appena) che provenivano dall'Africa, non da altri continenti. Quindi non è forse un'esagerazione dire che la storia di tutti noi umani esistenti oggi comincia veramente a partire da 70.000 anni fa, da quei sopravvissuti africani.
È quindi un piccolo mistero, finora, il ritrovamento avvenuto alcuni anni fa di tracce di presenza umana (pietre scheggiate) nel sito di Dadiwan, su un altopiano nella provincia di Gansu nella Cina centro-occidentale. I manufatti risalirebbero a un arco di tempo dagli 80.000 anni fa ai 60.000 anni fa. Potrebbe trattarsi di umani sopravvissuti nell'immediato alla glaciazione successiva alla catastrofe di Toba, ma che alla fine sparirono col tempo, senza lasciare traccia genetica negli umani successivi. Questo fu molto probabilmente il destino di altri gruppi isolati di ominidi che vivevano in Cina a quel tempo, come per esempio l'Uomo di Denisova, come vedremo tra poco.
Nel frattempo, i discendenti dei sopravvissuti in Africa ripresero a uscire nuovamente dal continente africano espandendosi verso altre terre. Si ritiene che arrivarono nell'attuale Cina attorno a 50.000 anni fa, all'inizio della fase più recente del Paleolitico, chiamata paleolitico superiore. Particolari ed enigmatiche scoperte in due siti nel sud della Cina, nella grotta del Cervo Rosso e nella grotta di Longlin, attestano la presenza di umani dall'anatomia arcaica, anche se i fossili risalirebbero a 15.000 anni fa. Recenti analisi del DNA effettuate nel 2022 hanno suggerito che si trattasse dei discendenti dei primi sapiens immigrati qui forse 50.000 anni fa, o forse ancora prima della catastrofe di Toba, oltre 100.000 anni fa, e rimasti poi isolati sulle montagne mantenendo quindi il loro aspetto anatomico arcaico fino a 11.500 anni fa, quando si estinsero senza essere entrati in contatto con i nuovi umani arrivati nella regione. Ma allo stato attuale quei resti sono destinati a far discutere la comunità scientifica ancora a lungo.
Invece, a partire dal 45.000 a.C circa risale, come abbiamo visto nello scorso post, un deposito di strumenti in pietra scheggiati a Nwya Devu, a ben 4600 metri di altitudine sull'altopiano del Tibet. Lo stile di scheggiatura qui ha caratteristiche simili ad altri siti quasi contemporanei tra il sud della Siberia e la Mongolia, quindi si ritiene che si trattò di una migrazione umana che arrivò in questa regione quasi 50.000 anni fa provenendo dal Medio Oriente e aggirando la catena montuosa dell'Himalaya da nord. Pare che a quel tempo le condizioni climatiche in Tibet fossero più miti di quelle che sono oggi. I paleoantropologi ritengono che gli umani della comunità di Nwya Devu, che durò fino a circa 30.000 anni fa, fossero gli antenati dei moderni tibetani. È anche interessante sapere che fino a 45.000 anni fa sull'altopiano del Tibet, anche se molto lontano da Nwya Devu, vivevano ancora gli ultimi Homo Denisova, come attestato dal DNA ritrovato nella grotta di Baishiya, nella contea di Xiahe (come ho accennato nello scorso post). Ma dalle ricerche genetiche pare comunque assodato che i Sapiens di 45.000 anni fa nuovi arrivati in Cina non si ibridarono con i Denisova, come invece avvenne nel sudest asiatico (attuali Indonesia e Papua Nuova Guinea), forse perché i Denisova cinesi erano l'ultimo sparuto gruppo di una comunità in estinzione, mentre in Indonesia c'erano probabilmente ancora comunità Denisova più cospicue.
Un'altra comunità di cacciatori-raccoglitori, risalente a partire dal 43.800 a.C., è stata recentemente scoperta nel sito di Shiyu, nella Cina settentrionale nella provincia di Shanxi. I resti di ossidiana, di punte di frecce o lance in pietra e in osso, di punteruoli, di un disco di grafite perforato, ci permettono di capire che si trattava di una comunità di esperti cacciatori di cavalli selvatici, che producevano armi e strumenti avanzati per l'epoca.
Ci fu poi una differente ondata migratoria di sapiens che, passando dall'attuale India, raggiunse la Cina da sud. Al confine meridionale della Cina, a Xiaodong, è attestata la presenza umana al 41.500 a.C. Si tratta di una cultura litica con caratteristiche simili comuni a quell'area, tra la Cina meridionale e l'attuale Thailandia, a cui è stato dato il nome di "cultura Hoabinhiana".
Intorno al 40.000 a.C. altri gruppi umani vivevano al nordest della Cina, come testimoniano i frammenti ossei ritrovati nella grotta di Tianyuan, non lontano dalla attuale Pechino.
Va detto che non si trattava di viaggi esplorativi, ma di movimenti di gruppi umani che si spostavano per trovare nuove risorse, essendo gruppi di cacciatori-raccoglitori non stanziali, cioè che sostavano in un territorio soltanto fino a quando le risorse di quel territorio potevano sostenerli, dopodiché si spostavano in nuovi territori, come era la norma allora. Per questo motivo essi, come avevano fatto da sempre gli ominidi più arcaici, non vivevano in capanne, ma in ripari naturali come le grotte, o all'aperto o in ripari temporanei, perché non essendo stanziali non avevano bisogno di capanne permanenti.
Ciò non significa che già allora quei gruppi umani ignorassero il simbolismo e le espressioni artistiche, come è attestato dalla recente scoperta nel sito di Xiamabei (Cina settentrionale) di tracce di ocra (che si ritiene fosse usata nella preistoria per la pigmentazione di oggetti e anche del corpo umano, con motivazioni simboliche o rituali) risalenti al 38.000 a.C., o ai ritrovamenti di segni lineari scolpiti su pietre nel sito di Shuidonggou, sempre nella Cina settentrionale, risalenti a partire dal 34.000 a.C. Si ritiene inoltre che queste fossero società principalmente egualitarie, cioè senza gerarchie, come era la norma nelle comunità di cacciatori-raccoglitori. Ovviamente, come i loro antenati da molte decine di migliaia di anni, padroneggiavano l'uso del fuoco, che usavano per cuocere la carne degli animali cacciati, per scaldarsi nei periodi freddi e per difendersi dalle fiere feroci, e attorno al fuoco si ritrovavano la sera per condividere racconti, storie ed esperienze, sviluppando sempre di più la profondità simbolica del loro linguaggio e anche il senso della loro comunità.
Con l'approssimarsi del cosiddetto "Ultimo massimo glaciale", a partire all'incirca dal 25.000 a.C., il clima cominciò a diventare più freddo e arido in tutto il pianeta. La Cina centro-settentrionale diventò una fredda steppa semi-arida, con neve perenne nelle zone più a nord e temperature che precipitarono di diversi gradi, per migliaia di anni.
Nei siti archeologici della Cina centro-settentrionale risalenti a quest'epoca si osserva che quegli umani cominciarono a scheggiare pietre e ossa sempre più appuntite, tanto da poter essere usate come una sorta di grossi aghi per poter cucire grossolani vestiti con cui ripararsi dal freddo. Con la stessa tecnica affilavano pietre e ossa che venivano usate come punte di lance o frecce. Uno dei più antichi siti in Asia orientale dove sono state rinvenute tali "microlame" (come vengono chiamate dagli archeologi) è a Shizitan, nella provincia dello Shanxi lungo la vallata del Fiume Giallo, dove risalgono a partire dal 24.000 a.C.
Secondo recenti ricerche genetiche, sarebbe stato proprio in quel periodo, a causa delle condizioni climatiche glaciali, che si diffuse una mutazione di un allele di una proteina nel corredo genetico delle popolazioni dell'Est asiatico. In un clima molto freddo e senza sole, soprattutto nelle regioni settentrionali, questa mutazione avrebbe aiutato la sopravvivenza della vitamina D nel latte prodotto dalle ghiandole mammarie degli individui femminili e avrebbe prodotto effetti secondari a livello morfologico, tra cui una pelle più lubrificata e con più numerose ghiandole sudoripare, ridotto grasso mammario (seni più piccoli), mento più piccolo e diametro dei capelli più spesso. Si tratta dei caratteri tuttora presenti nelle moderne popolazioni dell'Est asiatico: recenti analisi genetiche hanno confermato la presenza della mutazione di quell'allele nel DNA degli Asiatici orientali del giorno d'oggi, oltre che delle popolazioni native americane (che migrarono per la prima volta sul continente americano dall'Est asiatico proprio attorno a quell'epoca). Quindi, tutto sarebbe nato da una mutazione nel buio e nel freddo durante la glaciazione nel nordest asiatico, in una popolazione che poi si sarebbe diffusa in tutto l'Estremo Oriente: si trattò di un caso "fortuito" quindi, il che spiegherebbe perché gli umani europei di quell'epoca non svilupparono i tratti asiatici, nonostante l'Europa fosse in condizioni climatiche analoghe e gli umani europei di allora vivessero in modo simile a quelli asiatici. Ma se le condizioni glaciali erano simili in Europa e in Asia (non per nulla l'Eurasia in realtà è un unico continente), come mai gli occhi "a mandorla", il naso piatto e la corporatura piccola e snella si svilupparono negli Asiatici e non negli Europei? Una spiegazione plausibile potrebbe essere che in Europa a quell'epoca esisteva ancora l'Homo neanderthalensis (o Uomo di Neandertal), specie dai caratteri anatomici molto più robusti (ossa più grosse e spesse, incluse quelle del cranio e del setto nasale, corporatura più massiccia), mentre in Cina non esistevano più altre specie umane diverse dalla nostra a quell'epoca. Quindi, mentre in Europa gli umani, accoppiandosi occasionalmente con i Neandertal, si ibridarono ereditando alcuni dei loro tratti anatomici (le popolazioni europee hanno tuttora nel loro DNA una piccola traccia di DNA neandertaliano), gli umani arrivati in Cina a partire da 50.000 anni fa non si accoppiarono con altre specie diverse e i loro caratteri somatici di conseguenza non subirono alcuna ibridazione con quelli neandertaliani o di altre specie, come invece avvenne in Europa. Sono teorie plausibili che però dovranno ancora venire messe al vaglio della ricerca scientifica.
Fatto sta che alla fine dell'"Ultimo massimo glaciale", 20.000 anni fa, gli umani in Cina emersero dalla glaciazione molto probabilmente già con i tratti somatici che contraddistinguono i Cinesi di oggi. E non solo. Un altro elemento caratteristico della futura civiltà cinese nacque anch'esso in questo periodo.
Risalgono infatti proprio a 20.000 anni fa i ritrovamenti più antichi al mondo di contenitori in terracotta, usati per cuocere il cibo.
Fino a qualche anno fa si pensava che i primi utensili in terracotta risalissero all'età neolitica (10.000 a.C.), con l'inizio dell'agricoltura. Ma queste scoperte hanno dimostrato che in Cina il loro utilizzo avvenne ben prima e che essi venivano utilizzati già da società non stanziali di cacciatori-raccoglitori. Si trattò della prima volta (la prima di altre successive) in cui gli antichi Cinesi anticiparono le invenzioni fatte in altre parti del mondo, e in questo caso di un bel po', di diverse migliaia di anni (per quanto ne sappiamo oggi)!
Si hanno resti di terracotta con segni di cottura su fuoco nella grotta di Xianren, presso il fiume Yangtze nella provincia di Jiangxi, risalenti appunto a partire da 20.000 anni fa. Reperti simili, risalenti a partire dal 16.300 a.C., sono stati trovati anche nella Cina meridionale, nella grotta di Yuchanyan nello Hunan. Altri ritrovamenti di terracotta risalenti a quegli ultimi millenni del paleolitico compaiono in diversi siti in Cina, anche se in piccole quantità, il che ha fatto sorgere alcune teorie secondo cui quelle tazze di terracotta forse fossero usate non quotidianamente, ma in particolari riti della comunità.
Attorno al 14.000 a.C., il clima in Cina divenne ancora più caldo e umido, con un'intensificazione dei monsoni e delle piogge. Questo provocò un'estensione dal sud delle aree dove cresceva riso selvatico, fino a raggiungere, a nord, la vallata del fiume Yangtze. Risalenti a quei millenni sono i resti di riso selvatico accanto a frammenti di terracotta, in siti archeologici in diverse zone della Cina. A quel tempo il riso veniva solo raccolto, non coltivato, ma queste scoperte testimoniano che esso cominciava già a diventare una parte integrante della dieta di quegli antichissimi Cinesi. Sono stati ritrovate anche pietre che venivano usate per macinare i semi di alcune piante come il miglio selvatico, che in seguito, millennio dopo millennio, quegli antichi abitanti avrebbero cominciato a coltivare (senz'altro fu un processo lento che avvenne tra prove ed errori, prima che la coltivazione divenisse un metodo di vita). Accanto al riso selvatico e al miglio, essi mangiavano altri vegetali e frutti che raccoglievano da piante selvatiche, e cacciavano animali che popolavano la Cina di allora, quali cervi, cinghiali, bufali, antilopi, pesci, e perfino struzzi.
Fu probabilmente in quello stesso periodo, se non prima, che avvenne in Cina la domesticazione del cane, a partire dal lupo della Mongolia. Il motivo della domesticazione è semplice: i cani (che nei primi millenni dovevano apparire molto simili ai lupi selvatici) aiutavano gli umani nella caccia e nella protezione delle comunità di cacciatori-raccoglitori dai pericoli esterni.
Dopo un'altra breve era glaciale, che nella Cina centro-settentrionale sarebbe durata uno o due millenni (mentre la Cina meridionale ne rimase immune), il clima tornò a scaldarsi di nuovo. E cominciò una nuova, importante era: nel 9700 a.C. si fa convenzionalmente iniziare l'epoca geologica dell'Olocene, in cui ci troviamo tuttora.
Ed è a partire da quel periodo che le cose per gli umani cominciarono a cambiare profondamente. Finiva il paleolitico e iniziava il neolitico. Si trattò di un processo graduale durante il quale le comunità di cacciatori-raccoglitori cominciarono a poco a poco a vivere in maniera sempre più stanziale, fermandosi negli stessi luoghi per periodi sempre più lunghi fino a che vi si fermarono in modo permanente.
Dalle scoperte, pare che all'interno della Cina ciò avvenne inizialmente nella Cina centro-settentrionale.
Presso il sito di Donghulin, a 50 chilometri a sud del centro di Pechino, sono state trovate pietre usate per macinare granaglie e ghiande e tritare vegetali, risalenti a partire dal 9000 a.C. Questo è un forte indizio di una comunità stanziale o semi-stanziale. Infatti, queste pietre sono molto più grosse e pesanti delle microlame (che comunque rimanevano in uso anche in questo periodo), e molto più difficili da trasportare: ciò significa che venivano usate da una comunità che non si spostava continuamente, ma rimaneva nello stesso luogo per periodi lunghi. Inoltre nello stesso sito sono state trovate tracce di uso del fuoco in buche nel terreno, e addirittura di sepolture. Quest'ultimo fatto è molto importante: è il segno che queste comunità, che stavano diventando gradualmente semi-stanziali, non abbandonavano più i propri morti, come avviene nel mondo animale e come avveniva tra gli ominidi più arcaici, ma li seppellivano vicino a dove i viventi cominciavano a stabilirsi per più lunghi periodi. Insomma, detto in modo superficiale erano i primi cimiteri. E chissà se collegate alla sepoltura ci fossero già credenze legate al soprannaturale, come al giorno d'oggi. È altamente probabile.
Scoperte ancora più importanti sono avvenute a Nanzhuangtou, a 150 chilometri a sudovest di Pechino. Accanto a resti di miglio selvatico, ci sono anche tracce di coltivazione del miglio già dall'8500 a.C. Si tratta di una delle testimonianze più antiche di domesticazione delle piante. Questo significa che già allora gli umani di quell'area si erano stanziati a vivere in quel luogo per periodi più lunghi di quanto mai fatto prima. Al termine di un processo selettivo probabilmente durato migliaia di anni, avevano "inventato" come piantare semi e far crescere piante di miglio in modo controllato, per il sostentamento della comunità. Nello stesso sito sono state trovati resti di terracotta risalenti all'8200 a.C., e si è trovata evidenza dell'allevamento di cani (un cranio di cane, differente da quello di un lupo selvatico) risalente all'8000 a.C. Sono inoltre stati trovati resti decomposti di pali di legno, che fanno supporre l'esistenza di strutture abitative come rudimentali capanne. I cacciatori-raccoglitori avevano da sempre vissuto in ripari naturali come le grotte o in ripari di fortuna, perché non stando fermi in un posto non avevano bisogno di capanne permanenti. Ora la situazione, lentamente e gradualmente, cominciava a cambiare.
Tra l'altro, i due siti di Donghulin e Nanzhuangtou distano appena un centinaio di chilometri l'uno dall'altro, a sud della attuale Pechino, ed erano luoghi abitati contemporaneamente durante gli stessi millenni. Quindi questa zona, cosparsa di foreste umide con molta cacciagione, dai cervi ai cinghiali, era un'area piuttosto popolata e in cui le buone condizioni di vita condussero a innovazioni fondamentali nello stile di vita, tra cui appunto l'inizio della domesticazione e una vita semi-stanziale, anche se lo stile di vita di cacciatori-raccoglitori continuò ancora per alcuni millenni: non ci fu una cesura netta tra i due stili di vita, ma un graduale cambiamento, e per lungo tempo quelle comunità vissero con uno stile di vita misto tra i due, per così dire.
Molto più a ovest, lungo il medio corso del fiume Yangtze nell'odierno Hunan, si sviluppò la cosidetta "cultura" di Pegtoushan, dove sono state trovate tracce di riso domesticato risalenti tra l'8200 e il 7800 a.C., tracce che rappresentano la più antica domesticazione del riso in Cina. Si comincia a parlare di "culture" nel senso di comunità stanziali e semi-stanziali in siti vicini l'uno all'altro che condividevano caratteristiche comuni, probabilmente attraverso scambi reciproci e baratto.
Con l'VIII millennio a.C. iniziò in Cina il Neolitico. Si moltiplicarono diverse "culture" (nel senso che ho appena spiegato) e la nascita di villaggi che poco a poco vennero abitati in modo permanente. La differenza rispetto alla vita del paleolitico diventò sempre più evidente, come si capirà bene dai prossimi paragrafi. Devo premettere che il nome di ogni cultura è stato dato dagli archeologi moderni prendendo spunto dai nomi delle cittadine della Cina di oggi, perché ai tempi di quelle culture non esisteva ancora la scrittura, quindi non possiamo sapere che nome davano a se stessi, sempre che se ne dessero uno.
Va inoltre detto che durante questi millenni, anche la conformazione delle coste della Cina diventò sempre più simile a quella attuale: il riscaldamento climatico fece aumentare il livello del mare, che intorno all'8000 a.C. separò Taiwan dalla Cina continentale (prima Taiwan era collegata alla terraferma), e poi entro il 5000 a.C. sommerse un'enorme piana alluvionale alla foce del Fiume Giallo, piana che divenne quello che oggi è il mare che separa la costa cinese dalla penisola coreana (Mar Giallo).
Molto più a sud, nel sito di Shangshan, nella Cina orientale (a poche centinaia di chilometri dalla grotta di Xianren, dove fu scoperta la terracotta più antica al mondo come abbiamo visto), sono stati ritrovati i resti di pali di legno, risalenti a partire dal 7400 a.C., di quello che è stato nominato il più antico villaggio neolitico in Cina. Le caratteristiche del sito (buchi di mezzo metro nel terreno per conservare il raccolto, molte grosse pietre per macinare, sepolture, e una ricca collezione di grandi vasi e contenitori in terracotta) fanno pensare che il villaggio fosse abitato permanentemente durante tutto l'anno, anche se sicuramente gli abitanti continuavano anche la loro abituale vita di caccia e raccolta. Shangshan faceva parte di una cultura neolitica con molti altri villaggi che condividevano caratteristiche simili.
Molto più a ovest, un sito neolitico straordinario risalente a partire dal 7000 a.C. è quello di Jiahu, nelle pianure alluvionali della Cina centrale (odierno Henan), non molto lontano dal Fiume Giallo. È in questo sito che si ebbe un balzo in avanti incredibile nel modo di vivere delle società di allora, a giudicare da quanto ritrovato. Si trattava di un grande villaggio con una popolazione di centinaia di persone, che copriva un'area di 5,5 ettari: sono state dissotterrate 45 capanne abitative costruite con pali infissi in profondità nel terreno, di cui le più antiche con un solo spazio abitativo, mentre alcune successive con più stanze. Poi, celle per conservare il raccolto e buchi nel terreno dove venivano depositati i rifiuti, e, fuori dello spazio abitativo, oltre quattrocento sepolture (e altre ancora in attesa di essere scavate). Nelle sepolture sono stati ritrovati oggetti deposti nella tomba accanto ai defunti, in alcune più elaborati e in altre meno, il che ha fatto supporre l'inizio di una certa stratificazione sociale, pur all'interno di società che rimanevano prevalentemente egualitarie. La differenza riguardava soprattutto il ruolo lavorativo che l'individuo ricopriva: se era agricoltore, pastore, pescatore, cacciatore, costruttore, musicista o uno sciamano. Era una società in cui il senso simbolico e probabilmente del soprannaturale era già presente: alcuni corpi per esempio venivano decapitati subito dopo la morte e la testa veniva depositata nella sepoltura con un orientamento verso nordovest, sicuramente per un qualche significato simbolico, rituale o sacrale. Inoltre nelle sepolture venivano messi anche oggetti votivi: da terracotte (che in questa epoca erano modellate in modo più elaborato rispetto alle epoche precedenti) a gusci di tartaruga a, in casi rari, intagli in pietra turchese, appartenenti probabilmente a individui abbienti.
Al centro del villaggio c'era un ampio edificio, creduto essere uno spazio lavorativo o di incontro della comunità. È documentata la coltivazione di miglio e anche di riso: si tratta di una delle più antiche testimonianze di coltivazione del riso, e della più antica mai trovata così a nord. A Jiahu sono stati trovati anche i più antichi semi di fagioli di soia selvatici, e una grande quantità di fagioli di soia, un altro elemento che, insieme al riso, diventerà parte integrante della dieta cinese nei millenni seguenti. C'è inoltre traccia della domesticazione di maiali, cani, pollame e, in piccola quantità, di bestiame, e perfino della più antica acquacoltura di carpe al mondo. Il letame dei maiali e del bestiame era utilizzato come fertilizzante per i campi coltivati a riso. Accanto a questo, comunque, continuavano a venire praticate ancora la caccia e la raccolta, come testimoniano le tracce di cacciagione come cervi, cinghiali, lepri. Ghiande, castagne, pere selvatiche, albicocche selvatiche e tuberi venivano ancora raccolti dalle piante selvatiche, e sono state ritrovate reti manufatte con fibre di canapa che servivano per pescare pesci dai fiumi. Nelle fasi successive (intorno al 6000 a.C.) è documentato un graduale miglioramento dello stile di vita del villaggio, attraverso l'analisi delle salme, che ha dato informazioni quali il graduale aumento dell'età media e della statura degli abitanti. È stata trovata inoltre l'evidenza della produzione di alcool, attraverso la fermentazione di riso, miele, uva e foglie di biancospino, e addirittura la presenza di telai per la rudimentale tessitura di abiti, probabilmente con fibre di canapa.
Il villaggio era circondato da un fossato scavato come difesa da attacchi esterni, e lungo almeno una parte del fossato sono state trovate tracce di quella che poteva essere una palizzata difensiva.
Ma non solo: ci sono oggetti che ci hanno aperto gli occhi su una società neolitica molto avanzata per l'epoca. Una scoperta eccezionale è quella di sei flauti in osso di gru, completi e tuttora suonabili, più i resti di almeno un'altra trentina di flauti, risalenti tra il 7000 e il 6000 a.C., ritrovati nelle sepolture. La cosa molto interessante è che i fori sui flauti sono disposti in modo diverso con una disposizione tale che i rapporti armonici sono diversi da strumento a strumento: i più antichi permettono di suonare una scala tetratonica e pentatonica, quelli successivi una scala esatonica, e quelli più recenti, con otto fori, potevano suonare tutti gli intervalli armonici e due registri (od ottave). Ciò significa che i cinesi che oltre 8000 anni fa vivevano nel villaggio di Jiahu avevano senz'altro una conoscenza musicale che permetteva di esplorare diverse melodie anche complesse. Anche se non si tratta degli strumenti più antichi al mondo (altri flauti in Germania sono molto più antichi), si tratta comunque di strumenti che potevano emettere intervalli armonici combinati più estesi di quelli degli strumenti usati a quel tempo in Occidente.
Un'altra straordinaria scoperta nel sito di Jiahu apre poi scenari inediti sullo stesso concetto di scrittura. Si tratta di incisioni su gusci di tartaruga ritrovati nelle sepolture, risalenti al 6600 a.C. Sono solo undici simboli, nove su gusci di tartaruga e due su ossa. Secondo i ricercatori non si tratta di scrittura vera e propria, ma di simboli che avevano comunque un significato, forse collegati a rituali sciamanici, chissà. Ma molto probabilmente erano dei primitivi pittogrammi da cui, nel giro di migliaia di anni, si sarebbero evoluti i pittogrammi della scrittura cinese.
Dal villaggio di Jiahu si propagò, ritengono alcuni studiosi, la cultura di Peiligang, datata fra il 7000 e il 5000 a.C., che consiste in un centinaio di villaggi in comunicazione tra loro in un'area di 100 chilometri quadrati, a diversi giorni di viaggio (per l'epoca) a nord di Jiahu. Proprio la distanza da Jiahu fa ritenere ad alcuni studiosi che la cultura di Peiligang non fosse assimilata a Jiahu, anche se erano molto simili: per esempio, pur avendo molte cose in comune, il riso veniva domesticato solo a Jiahu, ma questo potrebbe anche dipendere dal fatto che Jiahu, essendo più a sud, aveva un clima più propizio per il riso.
Circa mille chilometri a nordovest dell'area della cultura di Peiligang, nel sito di Damaidi nella regione autonoma del Ningxia, lungo il corso del fiume Yangtze, sono state scoperte incisioni rupestri risalenti allo stesso periodo (6600-6200 a.C.) che hanno un che di straordinario, e che si collegano in qualche modo ai simboli ritrovati a Jiahu. Si tratta di migliaia di disegni e di simboli incisi nella roccia, tra cui rappresentazioni di cacciatori, pastori, del sole, della luna e altri simboli. Secondo gli studiosi, alcuni di questi simboli assomiglierebbero ai caratteri cinesi arcaici di cinquemila anni dopo. Questo ha portato a supporre che i futuri caratteri cinesi sarebbero derivati da simboli come quelli ritrovati sulla roccia a Damaidi, del primo periodo neolitico.
Diverse culture neolitiche simili a quella di Peiligang si svilupparono durante quei millenni nella Cina centrale e settentrionale, grazie forse a un intensificarsi dei contatti commerciali (basati sul baratto) anche a lunghe distanze. Non ho lo spazio per descrivere ognuna di esse, ma basta sapere che avevano tutte caratteri simili alla cultura che ho descritto nel villaggio di Jiahu. Ne nominerò solo alcune, da nord a sud.
Nella Cina nordorientale, tra le attuali province di Liaoning e della Mongolia Interna, c'era la cultura di Xinglongwa (6200-5400 a.C.)., detta anche civiltà del fiume Liao (perché si sviluppo nella piana alluvionale attorno a quel fiume), dove sono stati ritrovati tra i più antichi artefatti in giada, che tra l'altro pare non provenisse da quel luogo, ma fosse "importata". La cultura di Xinglongwa avrebbe prodotto anche le più antiche terracotte con intarsi "a pettine" (cioè piccoli intarsi a scopo decorativo).
Nella regione del basso corso del Fiume Giallo (400 km a sud di Pechino) ci fu la cultura di Houli (6500-5500 a.C.) seguita dalla cultura di Beixin (5300-4100 a.C.) e da quella di Dawenkou (4100-2600 a.C.) dove compaiono molti artefatti in giada, avorio e pietra turchese, e percussioni in pelle di coccodrillo.
Nell'area del medio corso del Fiume Giallo, più a nord della già vista cultura di Peiligang, c'era la cultura di Cishan (6500-5000 a.C.) a cui seguì la cultura di Yangshao (5000-3000 a.C.), che si estese anche alle aree circostanti. Appartiene alla cultura di Yangshao la più antica statua rappresentante un drago, risalente al V millennio a.C. Pare inoltre che gli umani della cultura di Yangshao allevassero già il baco da seta e producessero seta in piccole quantità, e che gli uomini si annodassero i capelli in un ciuffo in cima alla testa (top knot): tutte caratteristiche che si ripresenteranno migliaia di anni dopo nella cultura cinese.
Nell'area dell'alto corso del Fiume Giallo (Cina centro-occidentale) c'era la cultura di Dadiwan (nello stesso luogo dove sono stati trovate tracce di una diversa presenza umana risalenti tra gli 80.000 e i 60.000 anni fa, come detto all'inizio di questo post), che si sviluppò tra il 5900 e il 5200 a.C., a cui si affiancò nella stessa regione la cultura di Baijia (5800-5000 a.C.), considerata la prima cultura cinese dove compare terracotta dipinta (che poi in seguito ebbe una grande diffusione con la successiva cultura di Yangshao, di cui ho appena parlato).
Nell'area del villaggio di Shangshan che abbiamo visto prima come forse il primo villaggio neolitico cinese, nella piana alluvionale del basso corso del fiume Yangtze nella Cina centrale (molto più a sud delle altre culture che ho appena menzionato) si sviluppò la sofisticata cultura di Kuahuqiao (6000-5000 a.C.). Era una società di villaggi palafitticoli, costruiti su fiumi e zone alluvionali. Sono stati ritrovati resti di archi da caccia in legno e di canoe, che sono le testimonianze di questo genere più antiche in Cina, e forse al mondo. E tra le varie specie coltivate, è documentata qui la più antica domesticazione della pianta di pesco. A essa seguirono la cultura di Hemudu (5500-3300 a.C.), una civiltà particolarmente avanzata per l'epoca, dove tra le altre cose si sono trovate tazze di legno laccato (le più antiche al mondo) e sculture in avorio (testimonianza del fatto che gli elefanti all'epoca vivevano anche su fino alla Cina centrale), oltre che vasi in ceramica nera (ottenuta mescolando carbone durante la lavorazione della terracotta); e la contemporanea cultura di Majiabang (5000-3300 a.C.), sulla costa nord della baia vicino alla foce del fiume Yangtze, dove tra le varie cose è stato trovato un remo ligneo, testimonianza che gli abitanti usavano barche.
Più a ovest, lungo il medio corso del fiume Yangtze, si sviluppò la cultura di Daxi (5000-3300 a.C.), seguita dalla cultura di Qujialing (3400-2600 a.C.): i villaggi di queste culture testimoniano per la prima volta l'esistenza di mura difensive che circondavano i villaggi, e sistemi idraulici per far scorrere l'acqua all'interno del villaggio.
Questa è stata solo una panoramica veloce e probabilmente incompleta della fioritura di diverse culture nella Cina neolitica dall'VIII al IV millennio a.C. Culture che, millennio dopo millennio, acquisivano miglioramenti tecnologici e dello stile di vita sempre più importanti, e gradualmente intensificavano i contatti e gli scambi tra loro.
A partire dal III millennio a.C., con una vita sempre più stanziale, ci fu un drastico aumento di popolazione in diverse regioni della Cina. Inoltre in alcune culture, quelle del nordovest e lungo il corso del Fiume Giallo, avvenne per la prima volta la produzione di materiali mai visti prima: il rame e il bronzo, introdotti in Cina dal contatto con culture dell'Asia centrale.
In questo periodo del tardo neolitico, dalla sofisticata cultura di Yangshao che abbiamo visto prima si evolse la cultura di Longshan (3000-1900 a.C.), che ebbe una grande espansione in gran parte della Cina centro-settentrionale, lungo tutto il corso del Fiume Giallo e fino al basso corso dello Yangtze. Era la prima volta che una cultura espandeva la sua influenza su un'area così vasta. La caratteristica distintiva della cultura di Longshan è l'alto livello raggiunto nella manifattura del vasellame, compreso l'uso del tornio. Il vasellame è tipicamente nero e lucido, con pareti sottili, e per questo è detto "a guscio d'uovo". Si suppone che la cultura di Longshan avrebbe importato, perfezionandole, la tecnica e la tradizione della ceramica nera dalla cultura di Hemudu (cui abbiamo accennato poco fa). La coltivazione del riso si era ormai ampiamente diffusa ed era praticato l'allevamento del baco da seta e la conseguente produzione della seta. La popolazione neolitica della Cina raggiunse il suo massimo durante la cultura di Longshan. Si ritiene che i cinesi di allora si affidassero alla divinazione, praticata da sciamani. E su alcuni cocci di vasellame sono stati scoperti ancora caratteri simbolici: è facile pensare che dallo sviluppo di quei segni si sarebbero in seguito evoluti gli arcaici caratteri cinesi. Con la cultura di Longshan appaiono inoltre in Cina le prime piccole città, con fossati e mura di argilla o terra battuta spesse anche fino ai 10 metri, e fossati. La città di Taosi fu probabilmente un centro regionale: al suo apice (intorno al 2000 a.C.), le sue mura racchiudevano una superficie di quasi 3 chilometri quadrati, facendone la più vasta città fortificata della Cina fino ad allora. Al suo interno esisteva anche un osservatorio astronomico (il più antico dell'Asia orientale). La società di Taosi era, a differenza delle culture precedenti, altamente stratificata, come testimoniato dalla grande differenza di corredi funerari tra le tombe più ricche e quelle più modeste.
Forse non è un caso che i leggendari tre augusti e cinque imperatori, personaggi mitologici, ma considerati storici dalla storiografia tradizionale cinese, siano tradizionalmente collocati proprio nel III millennio a.C., in corrispondenza del periodo storico della cultura di Longshan. Gli storici moderni ritengono che queste figure siano il risultato di un processo durato secoli, che vide la fusione tra personaggi mitologici e personaggi storici reali, come illustri capostipiti o fondatori di antichi lignaggi. Infatti i tre augusti e i cinque imperatori erano ritenuti i creatori della civiltà cinese e di conquiste come la metallurgia, la scrittura e la produzione della seta, cose che vennero gradualmente acquisite proprio durante il III millennio a.C. (anche se i primi esempi di scrittura cinese finora conosciuti risalgono in realtà al II millennio a.C.).
La leggenda cinese collega il mitico imperatore Yao, uno dei leggendari cinque imperatori (non esistiti nella realtà), alla città di Taosi. Secondo i ricercatori invece, molto più prosaicamente ma anche drammaticamente, la città collassò a causa di una ribellione della popolazione contro la ricca classe dominante. Insomma, un fatto che sembra proprio chiudere la pagina dell'era neolitica per aprire quella dell'era storica. Con il crollo di Taosi, finì la cultura di Longshan, e anche il vasellame nero di alta qualità scompare in questo periodo (circa 1900 a.C.) dai ritrovamenti funebri.
E non solo: la fine della cultura di Longshan corrispose anche a una diminuzione improvvisa della popolazione cinese. Fu come una cesura storica: finiva un'era, quella del Neolitico, e ne cominciava un'altra.
L'elemento fondamentale che definì la nuova epoca fu il bronzo: la Cina entrava nell'Età del Bronzo. La conoscenza di come produrre oggetti in rame era già stata introdotta in Cina nel IV millennio a.C., attraverso il contatto con popolazioni dell'Asia centrale. Nello stesso modo avvenne l'introduzione del bronzo nel corso del III millennio a.C., dapprima attraverso la cultura di Majiayao (3300-2000 a.C.), situata sull'alto corso del Fiume Giallo, nell'area dove poco più di 1500 anni prima era esistita la cultura di Baijia (come visto prima), sulla direttiva da cui in futuro sarebbe passata la Via della Seta.
Sorgevano così le nuove culture dei metalli in Cina. Tra le prime ci fu la cultura di Qijia (2200-1500 a.C.) sull'alto corso del Fiume Giallo, successiva alla cultura di Majiayo.
E alcuni studiosi ritengono che perfino la cultura di Longshan dopo il suo declino non si estinse del tutto, ma si evolse in una nuova cultura dei metalli: l'importante cultura di Erlitou (circa 1900-1500 a.C.).
La cultura di Erlitou, inizialmente sviluppata lungo il medio corso del Fiume Giallo, tra le attuali province dello Henan e dello Shanxi (dove era stato il cuore della cultura di Longshan), in breve si espanse anche più a sud e più a ovest, nelle attuali province dello Hubei e del Shaanxi, e divenne la società urbana più grande in Cina e in tutta l'Asia orientale, con un apparato simil-statale, con la costruzione di palazzi e di laboratori per la fusione del bronzo. Gli archeologi cinesi generalmente considerano lo stato di Erlitou essere la sede della prima semi-storica dinastia cinese, la dinastia Xia, anche se mancano fonti scritte risalenti a quel periodo e quindi a livello internazionale gli archeologi sono dubbiosi, dal momento che la prima menzione scritta della dinastia Xia si ritrova secoli dopo la fine della cultura di Erlitou.
In ogni caso, è chiaro che nel secondo millennio a.C. siamo alle soglie dell'epoca storica in Cina.
Concludiamo qui dunque questa lunghissima cavalcata che ci ha portato, a partire dai primi Homo sapiens migrati in Cina, ad attraversare le epoche del Paleolitico e del Neolitico cinesi, fino ad arrivare all'Età del Bronzo.
Essendo arrivati alle soglie della storia cinese antica e all'inizio delle dinastie imperiali, il contenuto di questo post si esaurisce qui.
Forse, un giorno mi cimenterò nell'impresa di un post dedicato alla storia antica della Cina.