domenica 12 maggio 2013

Dove stiamo andando?


Prometto che questo sarà il primo e unico post a sfondo filosofico, ma per cominciare il viaggio di questo blog non potevo fare a meno di ragionare un attimo su pensieri che ultimamente mi tornano spesso, soprattutto in questo periodo di crisi globale (non solo economica).
Okay, la globalizzazione e l'era della comunicazione hanno messo in contatto e avvicinato i popoli della Terra come mai era avvenuto prima. In particolare i giovani, da qualsiasi parte del pianeta provengano, hanno oggi aspirazioni e valori molto simili: tra di loro hanno molta più capacità di condivisione, rispetto alle generazioni precedenti, e questo è positivo e beneaugurante.
Ma... L'umanità in che direzione sta andando? Nessuno ha una rotta tracciata, stiamo per così dire navigando a vista, e francamente anche i leader mondiali ormai mi sembra che non si fidino nemmeno di ciò che loro stessi hanno detto il giorno prima.
I miei primi ricordi risalgono agli anni '80. Il mondo stava vivendo gli ultimi anni della Guerra Fredda, anche se ormai il confronto tra Stati Uniti e Unione Sovietica era alle battute finali. Ma nessuno allora lo immaginava, e il timore per un ipotetico conflitto nucleare non era ancora tramontato del tutto. Quando ancora frequentavo le scuole elementari, sentendo parlare gli adulti arrivai alla conclusione che quei russi della spaventosa Unione Sovietica dovevano essere proprio dei malvagi terrificanti (non capendo nulla di politica, quando in casa al telegiornale nominavano Gorbaciov ero convinto che fosse cattivissimo e pericoloso, solo perché era il "grande capo" dei russi...). Per noi bambini invece l'America incarnava il volto positivo dell'esistenza: americani erano i telefilm, i modi di dire e di scherzare (come per esempio il "Gimme five! All right!" diffuso tra i ragazzini da una canzone di Jovanotti), e la pace in Europa, ci dicevano, era stata possibile grazie al gigante buono americano. Insomma, il mondo era diviso tra il bene e il male, non c'erano discorsi.
Quanto sono lontani quegli anni! La fine del conflitto bipolare trascinò con sé le vecchie ideologie e un nuovo potentissimo attore prese poco a poco la scena: il relativismo.
Che senso aveva ormai parlare di destra e di sinistra? E, archiviata la propaganda dei blocchi, nuovi filoni storiografici affermavano che tutte le parti in conflitto avevano avuto le loro ragioni e i loro torti. Per qualche anno sembrò che l'unica cosa certa fosse la potenza degli Stati Uniti: unica superpotenza mondiale rimasta, in grado di dominare il mondo in campo economico, militare e anche scientifico. Ma l'11 settembre 2001 anche questa convinzione crollò (scusate il verbo evocativo).
L'isterismo politico del governo americano di allora imbarcò il mondo in nuove guerre. Come in una reazione a catena, altri Stati e altri gruppi paramilitari si sentirono "autorizzati" a ricorrere apertamente alla violenza (non che prima non ci fosse violenza militare, ma era più stigmatizzata).
L'ultimo tassello che mancava a questo quadro incerto era la crisi economica mondiale, ed eccola arrivata puntuale!
Una cosa è certa: la crisi, economica e sociale, prima o poi verrà superata. Ma l'incognita è: a che prezzo?
La situazione italiana mi preoccupa per ragioni note: la classe politica dirigente è tuttora, nel suo complesso, la stessa che ha governato il Paese negli ultimi decenni, producendo risultati deludenti, eufemisticamente parlando. Non sembra proprio in grado di porre estremi rimedi a mali estremi, e sembra d'altra parte intenzionata a non mollare la propria posizione di "classe dirigente".
Questo in realtà è lo stesso scenario in cui si ritrovano molte nazioni nel mondo, è quindi un problema mondiale.
Mi sovviene però anche un'altra preoccupazione: se si dice di mandare in pensione l'intera classe politica, senza particolari distinguo, chi rimane a prendere le redini? Movimenti civici di cittadini? Chissà, l'idea in sé magari non è male, ma come si riusciranno a gestire in questo modo problematiche di portata globale? Forse la cosiddetta "decrescita felice" è davvero la prospettiva più probabile in futuro per evitare brutti scenari?

Mi fermo qui perché altrimenti mi viene mal di testa. Ma le cronache di questi giorni mi hanno spinto a iniziare il blog con questi ragionamenti. Ora che li ho buttati fuori, mi riprometto di non tornarci sopra, e di passare a post più consoni a questo blog!

Buon viaggio!

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