domenica 30 marzo 2014

Gli Africani e la musica nel sangue

Oggi abbiamo suonato in un ospedale poco fuori Durban. Immaginavo di ritrovarmi in mezzo alle corsie, tra gente sofferente, invece in realta' era un'occasione particolare, qualche sorta di ricorrenza, e ci hanno fatto sistemare in una grande sala, un po' "spartana". Tutti gli spettatori pero' erano vestiti in modo elegante, secondo le possibilita' di ognuno, e soprattutto c'era un clima di festa, quasi mi chiedo dove fosse veramente l'ospedale. Ospitare poi un'orchestra a suonare la domenica pomeriggio... Non so in Italia se ci sia qualche ospedale che lo fa, ma non l'ho mai sentito.

Accompagnavamo il coro locale, una cinquantina di persone di colore dalle voci potenti e bellissime, oltre a un piccolo coro di ragazzi dalle voci gia' molto promettenti. Ho potuto ascoltare da vicino quanto la popolazione nera sia particolarmente portata per il canto, hanno un timbro di voce potente e sono molto musicali.

Il caldo, nonostante qui ufficialmente sia appena cominciato l'autunno, mi faceva sudare e non bastavano i ventilatori. La mia compagna di leggio oggi era una ragazza giovane sudafricana di etnia tswana, ma l'orchestra e' un mosaico di genti di provenienza diversa, e' molto intrigante sapere quali incroci di vite diversissime si trovino gomito a gomito cercando di produrre insieme una bella musica: ci sono gli afrikaner, sudafricani bianchi (molto religiosi di solito), ci sono i neri, tutti giovani perche' solo da pochi anni i primi di loro stanno imparando la musica classica... la mia compagna di leggio e' una sorta di "pioniera" in questo senso. Poi ci sono gli stranieri che pero' vivono qui da vent'anni, tedeschi, bulgari, russi, tutti con storie diverse alle spalle, eppure un unico comune denominatore: anni di studio dello strumento, e anni di gavetta nelle orchestre dei Paesi di origine e poi in giro per il mondo. In fondo, pur nelle enormi differenze, abbiamo una storia comune.

Comunque, per tornare a noi, prima di iniziare a suonare mi ero preparato al peggio: assediato dal caldo, in una salone che non era certamente una sala concerto, mi dicevo: "speriamo non duri troppo". Anche gli altri orchestrali mi sembravano non di ottimo umore, per il fatto di dover suonare anche il sabato e la domenica questa settimana.

Invece, appena abbiamo cominciato a suonare, e' cominciato il divertimento. Niente musi lunghi tra il pubblico, come spesso in Italia, ma tutti attentissimi e divertiti, compreso il presentatore che tra un pezzo e l'altro esprimeva e condivideva col pubblico le sue impressioni ed emozioni (un po' "all'americana" a dire la verita', ma in fondo divertente). Era come se tutti si conoscessero, e poco a poco l'atmosfera allegra mi ha contagiato.

Ma il bello e' arrivato quando ha cominciato a cantare il coro: un'onda sonora dal timbro caldo si e' diffusa nella sala impregnandola di musica, il pubblico ha cominciato ad accompagnare cantando sottovoce o incitando con sorrisi quando una ragazzina che cantava da solista si emozionava un po'.

Prima del finale, e' intervenuto al microfono anche il direttore dell'ospedale, credo, un anziano di colore dalla voce roca e pacata, che ha ricordato come fino a non molti anni fa non fosse nemmeno concepibile che un coro di neri cantasse insieme a un'orchestra di bianchi (perche' fino a pochi anni fa, poi, l'orchestra era composta solo di bianchi). Questo, ha detto l'anziano, e' il potere della musica e degli uomini di buonsenso che operano con la musica, e si e' detto felice di vedere che finalmente banchi e neri lavorano assieme portando la musica nei luoghi piu' diversi, dalle scuole agli ospedali, donando momenti di felicita' a chi ne ha magari davvero bisogno. Questo ha strappato un applauso anche da parte degli orchestrali, che per un momento hanno lasciato da parte il malumore per non poter essere sulla spiaggia la domenica.
Io ho pensato: ma guarda quanto sentono importante qui la musica, lo sentono praticamente come uno strumento di vita! Wow!

E poi, abbiamo attaccato con il pezzo finale, Istimela, dalla musica travolgente: il coro ballava ondeggiando sulle note di questa canzone recente (il compositore era in sala) ma dai suoni e ritmi della musica tradizionale africana. Il pubblico non ha piu' resistito, si e' alzato in piedi ballando a sua volta e cantando. Accanto a me, la mia compagna di leggio tswana stava ballando e ridendo anche lei mentre suonava! So che ho pensato: "Cavolo, hanno proprio la musica nel sangue, io non riesco mentre suono a ballare cosi'!". Ma stavo ballando e ridendo dentro di me, felice di fare questo mestiere in mezzo a questa gente.

2 commenti:

  1. Ciao Marco!
    Complimenti per il blog!
    Grazie per aver dato una risposta ad una domanda che da un po' mi tormenta, cioé "Che senso ha insegnare uno strumento?"...
    Continua a scrivere, please!
    Bye
    Ester

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  2. E' una domanda che mi son fatto anch'io piu' volte, ma poi, quando vedo la genuina gratitudine negli occhi del pubblico, capisco qual e' il senso. Un abbraccio Ester

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